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RICERCHE E INCANTESIMI – Capitolo 13

DiPietro Sciandra

Mar 26, 2021

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Capitolo 13

Al mattino del giorno dopo; Trojan svela ai suoi amici di essere stato derubato durante la notte. Nessuno tra loro potrebbe essere stato a rubare o almeno si spera perché tutti hanno lo stesso scopo ed essendo tutti una unica squadra non avrebbe senso danneggiarsi a vicenda. I sospetti non sono su nessuno di preciso; ma nessuno potrebbe pensare che il ladro sia tra di loro. Trojan fa fatica a fidarsi dei suoi compagni ora; ma Gianni tenta di calmarlo. Tutti gli altri affermano di non aver preso nulla a Trojan; anzi loro stavano tranquilli che quelle cose le custodisse lui. Ricostruire la fiducia nel gruppo ora è veramente difficile; perché non sapendo chi è il ladro; Trojan potrebbe prendersela con chiunque dei suoi compagni.

Ma ora bisogna pensare a tutt’altro. Come ritornare alla fortezza di Alamuth? E soprattutto come poterci rientrare?

Dimenticando il furto subito da Trojan; tutti i guerrieri si consultano tra loro per decidere la strategia da seguire. Trojan non vuole dare però ascolto più a nessuno. Il furto subito da Trojan ha innescato la diffidenza di Trojan verso tutti i suoi compagni; non sapendo chi è il ladro. La riunione dei guerrieri sulla strategia non mette tutti d’accordo. Ma alla fine Trojan dice a tutti:

“Una cosa è certa! Noi siamo troppi ora per passare tutti dal punto in cui io, Gianni e i gemelli eravamo passati prima di incontrare Tyris, Gilius e Ax!”

Gianni dice a tutti:

“Già, Trojan ha ragione!”

Kaor dice a tutti:

“Noi tutti insieme non possiamo più entrare di nascosto!”

Igor dice a tutti:

“Come potremmo noi entrare senza nasconderci? Camuffati forse!”

Ax dice a tutti:

“Camuffati no!”

Gilius dice a tutti:

“Ci vorrebbe un modo per entrare liberamente davanti a tutti!”

Tyris dice a tutti:

“Ehi! La parola d’ordine!”

Gianni dice a Tyris:

“Già, pure io ne avevo sentito parlare della parola d’ordine! Ma chi la conosce?”

Gilius dice a Gianni:

“Io la so! Samarcanda!”

Gianni dice a Gilius:

“Perfetto! Samarcanda! Noi tutti potremmo entrare liberamente dall’ingresso sorvegliato senza rischiare di essere catturati e di combattere!”

Tutti ora sono di nuovo d’accordo. Senza dover entrare di nascosto e non solo di dover rischiare di essere catturati dalle guardie ma anche evitare le trappole e strani esseri.

Così, tutti i 7 guerrieri di nuovo tutti in armonia si incamminano di nuovo verso la terribile fortezza di Alamuth. Camminando tutti insieme, i 7 guerrieri vengono fermati da un assassino che dice loro:

“Fermi voi! Dove pensate di andare?”

Gianni risponde:

“Alla fortezza di Alamuth!”

L’assassino dice a Gianni:

“Perché? A che scopo?”

Tyris dice all’assassino per togliere Gianni dall’assalto dell’assassino:

“Noi siamo mercanti!”

Capendo l’astuzia di Tyris, Gianni la conferma mostrando all’assassino la pietra rossa che Gianni aveva ottenuto uccidendo il drago senza sapere che il drago fosse del vecchio della montagna:

“Si, noi siamo mercanti! Guarda questo è un rubino!”

L’assassino non crede ai suoi occhi dicendo:

“Io non ci posso credere! Io non ho mai visto una pietra rossa così brillante e preziosa!”

Gianni dice all’assassino:

“Ora noi possiamo passare?”

L’assassino dice a Gianni:

“Aspetta! L’ultima cosa! Parola d’ordine!”

Gianni risponde all’assassino:

“Samarcanda!”

L’assassino dice a Gianni:

“Potete andare ora!”

Trojan dice a Gianni:

“Ma come ti è venuta l’idea di mostrare il rubino e di dire che noi siamo mercanti?”

Gianni dice a Trojan:

“L’idea di dire che noi siamo mercanti è venuta a Tyris che mi ha tolto d’impaccio! Poi visto che per colpa mia noi siamo stati cacciati dal vecchio della montagna perché io senza sapere che il drago che avevo ucciso per levargli la pietra rossa fosse proprio del vecchio della montagna ed io senza sapere che il drago da me ucciso fosse suo e che io volli offrirgli il rubino parte del suo drago da me ucciso e che lui per orrore e disgusto, tenendoci affettivamente a quel drago ed io per una casualità glielo ho ucciso; lui ci fece sparire cacciandoci per non vederci più! Con questa pietra rossa noi siamo stati cacciati dalla fortezza d’Alamuth e con la stessa pietra rossa noi siamo riusciti a rientrarci! Ma pure grazie a Tyris che ha detto alla guardia che noi siamo mercanti senza esserlo, quindi una fola, e Gilius che mi ha svelato la parola d’ordine! Allora ti fidi di me e di loro?”

Trojan dice a Gianni:

“Si! Hai ragione! Ma chissà chi era il ladro!”

L’assassino abbassa la testa con un’espressione d’intesa; la parola d’ordine era giusta, e senza dubbio l’assassino ha scambiato i sette guerrieri per dei mercanti in visita al suo padrone. I 7 guerrieri sono nel primo cortile del rifugio del vecchio della montagna. La fortezza vera e propria è un po’ più avanti, in fondo a quest’ampia spianata che la circonda da tre lati. Il quarto è chiuso da un’alta muraglia nera, e la profonda conoscenza dei sistemi di fortificazione suggerirebbe che lì dietro c’è un precipizio inviolabile, una delle migliori difese della fortezza. Nel cortile regna una grande agitazione. Civili che vivono nella fortezza e guardie si incrociano in un continuo viavai. I 7 guerrieri riusciranno di certo a passare inosservati, basterà evitare di avvicinarsi troppo alle guardie. Trojan dice a tutti:

“Dividiamoci ora! Cerchiamo rifugio nel caravanserraglio!”

Ax dice a tutti:

“No! Diamo un’occhiata alle botteghe a ridosso della cinta di mura!”

Gilius dice a tutti:

“Io dico di avvicinarci ad un vecchio che stringe sottobraccio una tavola di chiodi!”

Tyris dice a tutti:

“Io dico di andare direttamente alla porta della fortezza e chiedere che ci lascino entrare!”

Igor dice a tutti:

“Forse separati possiamo muoverci meglio! Ma come dividerci?”

Kaor dice a tutti:

“Ora noi siamo di più qui, da quattro siamo diventati sette! Dividendoci potremmo scoprire più cose! Invece uniti tutti e 7 potremmo sembrare invece di mercanti in visita, guerrieri in cerca di guai!”

Considerando tutte queste osservazioni con così tante opportunità tra cui scegliere, viene considerato meglio dividersi per poi entrare tutti insieme.

Così Trojan e Gianni cercano rifugio nel caravanserraglio. Igor e Kaor danno un’occhiata alle botteghe a ridosso della cinta di mura. Gilius si avvicina al vecchio che stringe una tavola irta di chiodi. Ax e Tyris provano ad avvicinarsi alla porta della fortezza per capire bene come poter entrare.

Attraversando cautamente il cortile e raggiungendo la taverna che serve da caravanserraglio, esitando qualche istante sulla soglia. Gianni e Trojan gettano un’occhiata all’interno e notano, ad un tavolo in fondo alla sala, un chiassoso gruppo di guardie che stanno bevendo allegramente. Trojan e Gianni entrano senza farsi notare. Trojan e Gianni possono consumare ciascuno un bicchiere di birra spumosa che il taverniere venderà loro per 1 pezzo d’oro. Così pagando due pezzi d’oro, Gianni e Trojan bevono la birra recuperando forze grazie alle virtù ristoratrici della bevanda. Le guardie sono troppo ubriache per fare caso alle presenze di Trojan e Gianni, e dopo qualche istante si alzano vacillando. Quattro di esse sembrano lasciare la taverna, ma la quinta, la più ubriaca, insiste per un ultimo giro di birra.

Intanto Kaor e Igor raggiungono i negozi a ridosso della parete est della fortezza e si guardano intorno. Due di essi sembrano più interessanti delle solite botteghe di spezie o cibarie. All’interno della prima, quella con la facciata bianca, si intravede un gran numero di fiale e flaconi allineati su vecchi scaffali appoggiati alle pareti. Oltrepassata questa, ce n’è una ricolma di stoffe colorate e tappeti di tutti i tipi. Il mercante non si vede, ma lo si sente discutere nel retrobottega.

Intanto Gilius che si avvicina al vecchio che stringe una tavola irta di chiodi, Gilius vede che l’uomo dal viso scavato e segnato dalle rughe attira la sua attenzione. I suoi capelli candidi contrastano piacevolmente con la pelle scura; ad una prima occhiata Gilius lo aveva giudicato molto vecchio, ma adesso Gilius capisce che il suo aspetto incartapecorito deriva dalle fatiche di una grama esistenza. Gilius ha già incontrato simili personaggi: questo è un fachiro, probabilmente giunto qui per desiderio di Hasan ibn as-Sabbah. Ma le riflessioni di Gilius vengono interrotte bruscamente: un cavallo imbizzarrito sfugge al palafreniere e si lancia al galoppo.

Intanto Ax e Tyris cercano di assumere un’aria disinvolta, come se entrambi fossero del luogo, e entrambi si dirigono a grandi passi verso la porta del palazzo. A fianco dei massicci battenti, chiusi da un pesante catenaccio, due assassini dal fiero profilo aquilino sorvegliano l’ingresso. I due assassini stanno osservando le mosse di Tyris e Ax con aria interessata. Ax dice gridando agli assassini:

“Buongiorno a voi! Io sono qui per dare una mano all’armaiolo! Egli mi ha fatto venire da molto lontano per essere il suo assistente!”

Ma le guardie restano impassibili. Ax dice alle guardie:

“Ehilà, messeri, avete sentito quello che ho detto?”

C’è qualcosa che non va, il loro comportamento pare a Tyris e Ax molto strano.

Intanto Trojan e Gianni aspettano che anche l’ultima guardia sia uscita dal caravanserraglio, poi Gianni e Trojan sgusciano a loro volta, senza far rumore. La quinta guardia è ancora nella via e fissa pensierosa la luna. I suoi compagni sono già lontani, e le loro voci risuonano sempre più deboli. Protetti dal buio, Trojan e Gianni scivolano silenziosi alle spalle dell’uomo ubriaco. Trojan e Gianni stordiscono la guardia ubriaca e la trascinano nella zona in ombra ai piedi della muraglia, al riparo da sguardi indiscreti. Trojan toglie l’uniforme alla guardia e se la infila sopra i vestiti. Fortunatamente la guardia era grande e grossa, così la lunga uniforme a Trojan lo infagotta appena. Trojan tira il cappuccio sul volto e Trojan e Gianni abbandonano l’assassino dopo averlo ben legato ed imbavagliato.

Intanto Kaor e Igor si dividono a loro volta. Kaor entra nella bottega bianca e Igor entra dal venditore di tappeti.

Kaor si avvicina alla bianca facciata e spinge la porta di legno tarlato. L’ambiente è minuscolo e le pareti sono interamente ricoperte di scaffali ricolmi di fiale e flaconi multicolori. Qualche pergamena polverosa è sparpagliata qua e là, ed una candela fissata all’interno di un cranio illumina malamente la stanza. A quanto pare la bottega è vuota, non c’è traccia del proprietario. Kaor capisce che il suo tempo è prezioso, e se Kaor vuole penetrare nel palazzo stanotte non è il caso di sprecarlo. Kaor decide di ispezionare la bottega senza attendere oltre. A giudizio dall’arredo, questo è il laboratorio dell’alchimista del luogo, probabilmente uno specialista in preparazioni medicinali e altre strane pozioni. Kaor solleva il teschio con la candela per farsi luce e afferra un flacone colmo di liquido verdastro. Nello stesso istante, il padrone irrompe nella stanza. Di età indefinita, l’alchimista indossa una lunga veste azzurra trapunta di zaffiri. L’alchimista getta un’occhiata infuriata a Kaor, accarezzandosi la lunga barba bianca. L’alchimista dice a Kaor:

“E così, a quanto pare, le buone maniere non esistono più ad Alamuth! O forse non sei altro che un volgare ladro, straniero? Ad ogni modo, non si profana impunemente la casa di Slig l’alchimista!”

Mentre Slig pronuncia l’ultima frase, estrae dalla larga manica una fiala traslucida e la getta violentemente al suolo. Immediatamente un vortice di vapore si forma nella stanza; al suo interno Kaor intravede due braccia e una figura filiforme che ride a squarciagola. Questo ciclone grande quanto un uomo è uno spirito dell’aria, creatura nota ad ogni mago, stregone o alchimista che si rispetti. Kaor si è cacciato in un brutto pasticcio. Kaor preferisce lanciare allo spirito dell’aria la fiala verde che stringe tra le mani. Nella mente di Kaor prende forma una brillante idea: usare le armi dello stesso alchimista contro quella creatura. Kaor lancia sullo spirito dell’aria la fiala che esplode in una nube di vapore verdastro; ma il vortice d’aria generato dalla creatura spinge il fumo contro Kaor: appena il gas entra nei polmoni di Kaor, Kaor viene scosso da violenti starnuti. Gli starnuti si trasformano in una tosse intollerabile, e Kaor rotola a terra in preda alle convulsioni, mentre lo spirito dell’aria gira attorno a Kaor sghignazzando divertito. Indebolito, Kaor riprende un po’ le forze e si alza e affronta la creatura dell’aria. Kaor sguaina la spada e tenta di colpire lo spirito dell’aria. Ma Kaor si accorge ben presto che i suoi colpi non hanno effetto. I fendenti attraversano la creatura senza farle alcun danno, come fosse un soffio di vento. Invece i pugni dello spirito vanno a segno. Kaor perde due assalti. Vedendo ridotto Kaor in uno stato pietoso, Slig l’alchimista scoppia a ridere. Ma lui non è un uomo malvagio: l’alchimista batte le mani e subito lo spirito dell’aria svanisce in una nube di vapore. Slig dice a Kaor:

“Dunque, straniero, spero che la lezione sia servita! Bastava che tu mi chiamassi e sarei venuto! Perché non lo hai fatto? Se hai messo piede qui dentro, posso fidarmi di te: nessuno viene nella mia bottega senza un valido motivo! Qual buon vento ti porta?”

Soddisfatto per la sua battuta, Slig scoppia nuovamente a ridere.

Intanto Igor raggiunge il banco davanti alla variopinta bottega del venditore di tappeti. Igor palpa e soppesa diversi tessuti finemente lavorati, poi Igor si sofferma ad osservare un bel tappeto di broccato rossiccio. Completamente assorto nel suo esame, che Igor non nota l’omino grassottello che è scivolato alle sue spalle. Il venditore di tappeti dice a Igor:

“Benvenuto nella bottega di Mok’Het! I miei tappeti sono i più raffinati di queste parti, viandante! Sei forse un mago, venuto alla fortezza? Gli stregoni di Alamuth sono i miei migliori clienti! Il tuo aspetto mi dice che giungi da molto lontano! Dimmi, in cosa posso servirti?”

Igor sa che alcuni tappeti orientali hanno la straordinaria capacità di volare: forse grazie ad una speciale fibra con la quale vengono intrecciati, oppure per merito dell’acqua di una particolare sorgente nella quale vengono immersi. Ad ogni modo, un simile tappeto sarebbe molto utile a Igor per penetrare di nascosto all’interno del palazzo, in barba alle guardie. Ciò che il mercante ha detto dei maghi lascia sperare che non troverà strana la richiesta di Igor: senza altre esitazioni, Igor chiede al mercante di tappeti se possiede qualche tappeto volante. Il commerciante sorride, senza dubbio all’idea del guadagno che gli si prospetta; dicendo a Igor:

“E così, tu desideri uno dei miei tappeti speciali! Seguimi nel retrobottega!”

Igor lo segue speranzoso. Il mercante panciuto guida Igor in fondo al negozio, in una sala debolmente illuminata. Poi il mercante accende una piccola lampada ad olio, dicendo:

“Devo fare attenzione, tutto potrebbe prendere fuoco facilmente nella mia piccola bottega!”

Il mercante dice a Igor:

“Ecco il tappeto che cercavi, signore!”

Igor si china verso il tappeto indicato e lo osserva attentamente, ma Igor non ci trova nulla di speciale. Igor si volta per chiedere spiegazioni…Appena in tempo per vedere due assassini complici del mercante pronti a giocare un brutto tiro. Con un calcio ben assestato, Igor colpisce al torace il primo e si tiene pronto ad usare la sua ascia. Igor combatte uno alla volta i due assassini ed uccidendoli.

Intanto Gilius sprezzante del pericolo, come ogni vero guerriero, corre verso il cavallo imbizzarrito. Gilius spinge bruscamente da parte il fachiro e sbarra la strada all’animale gridando e spalancando le braccia. La bestia focosa si inalbera nitrendo, dritta sulle zampe posteriori. Gilius approfitta del suo disorientamento per afferrare le redini, poi la tranquillizza accarezzandole il collo. Il cavallo sbuffa ancora, ma si lascia trascinare senza troppa fatica verso i palafrenieri che lo stavano inseguendo e che ringraziano calorosamente Gilius. E il povero fachiro? Gilius se ne stava dimenticando. Gilius si avvicina e lo aiuta a rialzarsi. Il fachiro dice a Gilius:

“Ah, coraggioso sconosciuto, meriteresti la mia collera per la foga con cui mi hai spinto! Ad ogni modo, mi hai salvato la vita, non lo dimenticherò! Io sono Akim, e anch’io come te sono giunto qui da terre lontane! Saresti così gentile da riaccompagnarmi alla mia modesta dimora? Questa avventura mi ha messo a dura prova!”

Gilius raccoglie con l’aiuto della sua ascia la tavola irta di chiodi del fachiro e gliela porge. Gilius dice al fachiro:

“Io sono Gilius! Ma ora dove dobbiamo andare?”

Akim dice a Gilius:

“Ti faccio strada!”

Gilius offre il braccio al fachiro e lo accompagna alla sua dimora, una modesta capanna. Akim offre a Gilius una tisana d’erbe che fa riacquistare le forze a Gilius, e dei datteri secchi che Gilius divora avidamente. Alle pareti sono appese delle incisioni raffiguranti un paesaggio sconosciuto, e creature dalle molte braccia: gli unici ornamenti della casa del fachiro. Quest’uomo dai modi strani, ma gentili, non ispira molta fiducia e Gilius preferisce non rivelare lo scopo del suo viaggio. Akim chiede a Gilius:

“E così, tu sei un pellegrino delle terre al di là del mare?”

Akim riprende a parlare a Gilius:

“Anch’io una volta vivevo in un meraviglioso paese, molto lontano da qui! Poi ad Hasan ibn as-Sabbah giunse notizia delle mie scoperte, e inviò i suoi messaggeri per invitarmi a raggiungerlo! Ero giovane allora, e l’idea di girare il mondo mi affascinava! I miei segreti sembravano poca cosa in cambio di una tale possibilità, e conoscevo di fama il potente vecchio della montagna: ero onorato di poter partecipare alla sua ricerca della conoscenza assoluta, di potergli dare il mio modesto aiuto! E così, accettai…”

Prima che il fachiro abbia il tempo di continuare, qualcuno bussa violentemente alla porta: un istante dopo, un assassino vestito di nero irrompe nella stanza. Gilius si tiene in disparte per non attirare l’attenzione e Gilius osserva il nuovo venuto. Quello è un esattore, e vuole spremere al fachiro un po’ di denaro. L’esattore esige subito 10 pezzi d’oro, altrimenti il poveretto passerà un brutto quarto d’ora. La discussione si fa sempre più animata e Gilius decide di intervenire gridando:

“Ehilà, farabutto! Lascia in pace quest’uomo! Non vedi che non ha un soldo?”

L’esattore non apprezza l’intervento di Gilius: l’esattore sguaina la sciabola ricurva e la punta verso Gilius. Bisogna agire. Con un violento calcio, Gilius rovescia il tavolo contro l’esattore, poi Gilius impugna l’ascia mentre il suo avversario si rialza a fatica. Gilius uccide l’esattore con l’ascia.

Intanto Ax e Tyris sono di fronte alle due guardie. Ax dice alle guardie:

“Le vostre maniere non mi piacciono affatto, guardie!”

Tyris dice alle guardie:

“Abbiate almeno la cortesia di rispondere!”

Seccate le guardie puntano verso Tyris e Ax due lunghe lance, dalle punte affilate come rasoi. Una guardia dice ad Ax:

“I furfanti come te non possono entrare, dovresti saperlo! Piantala di disturbare la quiete di questo santuario o ti faremo stare zitto noi, in un modo o nell’altro!”

Poi le guardie si richiudono nel loro silenzio. A quanto pare Ax e Tyris hanno scoperto che la parola d’ordine serviva per entrare nel primo cortile, ma non nel palazzo.

Avendo fatto tutti e sette i guerrieri le loro scelte avventate; tutti e 7 si riuniscono; avendo capito la cosa più importante, ovvero che non si può entrare nel palazzo solo conoscendo ed usando la parola d’ordine che è Samarcanda. Bisogna alla fine per forza rientrare di nascosto.

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Dir. artistica Emanuela Petroni
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