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QUESTIONARIO DELLA DIVINA COMMEDIA-Numero 12

DiPietro Sciandra

Mar 25, 2021

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QUESTIONARIO DELLA DIVINA COMMEDIA-Numero 12

A cura di Pietro Sciandra

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15 domande a cui rispondere. Tutti pronti? Si parte!

Inferno-Canto VIII

1.E poi mi fece intrare appresso lui;

e sol quand’ io fui dentro parve carca.

Tosto che ‘l duca e io nel legno fui,

segando se ne va l’antica prora

de l’acqua più che non suol con altrui.

Che differenza fa Dante nella barca?

A.Il peso corporale

B.Il protagonista narratore

C.L’unico non dannato

D.L’unico non da solo stando con Virgilio

2.Mentre noi corravam la morta gora,

dinanzi mi si fece un pien di fango,

e disse: “Chi se’ tu che vieni anzi ora?”.

E io a lui: “S’i’ vegno, non rimango;

ma tu chi se’, che sì se’ fatto brutto?”.

Rispuose: “Vedi che son un che piango”.

E io a lui: “Con piangere e con lutto,

spirito maladetto, ti rimani;

ch’i’ ti conosco, ancor sie lordo tutto”.

Di cosa è fatto il fiume Stige?

A.Acqua con escrementi

B.Sangue e fango

C.Sangue e ossa

D.Acqua di palude e fangosa

3.Allor distese al legno ambo le mani;

per che ‘l maestro accorto lo sospinse,

dicendo: “Via costà con li altri cani!”.

Lo collo poi con le braccia mi cinse;

basciommi ‘l volto e disse: “Alma sdegnosa,

benedetta colei che ‘n te s’incinse!

Il poeta chiamerà, con l’epiteto di animali, i cittadini delle città toscane bagnate da quale fiume?

A.Albegna

B.Serchio

C.Arno

D.Ombrone

4.Quei fu al mondo persona orgogliosa;

bontà non è che sua memoria fregi:

così s’è l’ombra sua qui furiosa.

Quanti si tegnon or là su gran regi

che qui staranno come porci in brago,

di sé lasciando orribili dispregi!”.

Dante in che girone mette Filippo Argenti?

A.Lussuriosi

B.Maliziosi

C.Ignavi

D.Non battezzati (limbo)

5.Gli iracondi sono considerati nei due aspetti della loro vicenda, prima nel mondo e nei loro alti uffici (regi), e, dopo il giudizio di Dio, come porci in brago, e cioè avvoltolati nel fango. Il significato morale del canto si esprime in una protesta contro coloro che credono di poter fare legge della violenza, a danno degli uomini onesti.

Ma in quale cerchio Dante mette gli iracondi?

A.Quinto

B.Terzo

C.Sesto

D.Quarto

6.E io: “Maestro, molto sarei vago

di vederlo attuffare in questa broda

prima che noi uscissimo del lago”.

Ed elli a me: “Avante che la proda

ti si lasci veder, tu sarai sazio:

di tal disio convien che tu goda”.

Dopo ciò poco vid’ io quello strazio

far di costui a le fangose genti,

che Dio ancor ne lodo e ne ringrazio.

Tutti gridavano: “A Filippo Argenti!”;

e ‘l fiorentino spirito bizzarro

in sé medesmo si volvea co’ denti.

Filippo Argenti (in foto): i dannati, per beffa, lo chiamano col soprannome “Argenti” deridendo la sua alterigia. Ma quale delle seguenti parole non è un sinonimo di alterigia?

A.Alterezza

B.Egoismo

C.Arroganza

D.Superbia

7.Quivi il lasciammo, che più non ne narro;

ma ne l’orecchie mi percosse un duolo,

per ch’io avante l’occhio intento sbarro.

Lo buon maestro disse: “Ormai, figliuolo,

s’appressa la città c’ha nome Dite,

coi gravi cittadin, col grande stuolo”.

E io: “Maestro, già le sue meschite

Ma a quali animali Dante paragona gli iracondi?

A.Lupi

B.Porci

C.Cani

D.Leoni

8.Dal cerchio 6 al 9 si estende la città che prende nome da Dite, nome latino di ___, divinità dell’inferno dei pagani, che s’identifica con Lucifero.

Ma che nome manca su ___?

A.Urano

B.Nettuno

C.Saturno

D.Plutone

9.Là entro certe ne la valle cerno,

vermiglie come se di foco uscite

fossero”. Ed ei mi disse: “Il foco etterno

ch’entro l’affoca le dimostra rosse,

come tu vedi in questo basso inferno”.

Noi pur giugnemmo dentro a l’alte fosse

che vallan quella terra sconsolata:

le mura mi parean che ferro fosse.

Quale santo ritiene che il fuoco impedisca allo spirito il suo moto libero, precipitandolo così in un tormento senza speranza?

A.Giovanni

B.Luca

C.Tommaso

D.Matteo

10.Non sanza prima far grande aggirata,

venimmo in parte dove il nocchier forte

“Usciteci”, gridò: “qui è l’intrata”.

Io vidi più di mille in su le porte

da ciel piovuti, che stizzosamente

dicean: “Chi è costui che sanza morte

va per lo regno de la morta gente?”.

E ‘l savio mio maestro fece segno

di voler parlar segretamente.

Ma chi è il nocchiero che gridò?

A.Flegiàs

B.Caronte

C.Virgilio

D.Minosse

11.Sono più di mille, e cioè un numero indefinito, i demoni che furono angeli che si ribellarono, e furono cacciati dal cielo, quando ___ fece la vendetta del superbo stupro. Dante li dice piovuti, e cioè caduti dall’alto come pioggia.

Ma che nome manca su ___?

A.Daniele

B.Michele

C.Gabriele

D.Raffaele

12.Allor chiusero un poco il gran disdegno

e disser: “Vien tu solo, e quei sen vada

che sì ardito intrò per questo regno.

Sol si ritorni per la folle strada:

pruovi, se sa; ché tu qui rimarrai,

che li ha’ iscorta sì buia contrada”.

Pensa, lettor, se io mi sconfortai

nel suon de le parole maladette,

ché non credetti ritornarci mai.

I demoni danno ordini perentori: Dante è considerato un temerario, punibile con il castigo divino, perciò non solo gli comandano di tornare indietro, ma sono sicuri che non ci riuscirà. Quale è la colpa di Dante per i demoni?

A.Essere libero di poter raccontare in giro ciò che lui vede

B.Essere in compagnia di un non battezzato ovvero Virgilio il quale dovrebbe stare nel limbo e non in giro con Dante

C.Essere un simoniaco e quindi girovagare in altri gironi dell’inferno senza permesso

D.Aver intrapreso una strada non consentita a nessun vivente

13.“O caro duca mio, che più di sette

volte m’hai sicurtà renduta e tratto

d’alto periglio che ‘ncontra mi stette,

non mi lasciar”, diss’ io, “così disfatto;

e se ‘l passar più oltre ci è negato,

ritroviam l’orme nostre insieme ratto”.

E quel segnor che lì m’avea menato,

mi disse: “Non temer; ché ‘l nostro passo

non ci può tòrre alcun: da tal n’è dato.

Ma qui m’attendi, e lo spirito lasso

conforta e ciba di speranza buona,

ch’i’ non ti lascerò nel mondo basso”.

Così sen va, e quivi m’abbandona

lo dolce padre, e io rimagno in forse,

che sì e no nel capo mi tenciona.

Il contrasto interno dell’animo del poeta, che prova un senso di sconforto e di dubbio sull’esito dell’impresa in cui è coinvolto, si esprime nell’affollamento dei pensieri che lo lasciano perplesso e sgomento tra il si e il no: il si della parola confortatrice del maestro. Ma il no di chi?

A.Del nocchiero Flegiàs

B.Del nocchiero Caronte

C.L’eco delle parole dei diavoli

D.Dei dannati colpevoli di ira

14.Udir non potti quello ch’a lor porse;

ma ei non stette là con essi guari,

che ciascun dentro a pruova si ricorse.

Chiuser le porte que’ nostri avversari

nel petto al mio segnor, che fuor rimase

e rivolsesi a me con passi rari.

Li occhi a la terra e le ciglia avea rase

d’ogne baldanza, e dicea ne’ sospiri:

“Chi m’ha negate le dolenti case!”.

Riferendosi alla città dolente di che città si tratta?

A.Dite

B.Firenze

C.Roma

D.Babilonia

15.E a me disse: “Tu, perch’io m’adiri,

non sbigottir, ch’io vincerò la prova,

qual ch’a la difension dentro s’aggiri.

Questa lor tracotanza non è nova;

ché già l’usaro a men secreta porta,

la qual sanza serrame ancor si trova.

Sovr’ essa vedestù la scritta morta:

e già di qua da lei discende l’erta

passando per li cerchi sanza scorta,

tal che per lui ne fia terra aperta”.

La città di Dite simboleggia il mondo disertato dalla giustizia, in quanto disertato dall’impero. E di questo mondo così disertato dalla giustizia e dall’impero qual è in questo momento l’emblema agli occhi di Dante? Firenze. Perché, da che cosa dipende il suo esilio se non dalla diserzione di essa Firenze dalla giustizia e dall’impero? Ecco dunque in che senso fra l’inferno che qui finisce e che qui comincia si frappone l’esilio. Il mondo morale del poeta, quello che abbiamo fin qui conosciuto, si va maturando e affinando sempre più nella chiara convinzione che il cammino è voluto da Dio; Dante acquista coscienza di sé, proprio dalla violenza delle opposizioni e delle lotte dei diavoli e di Argenti, una lotta che va a colpire anche la sua guida, avanti alla città di fuoco che si chiude nel rifiuto e nella ribellione al volere divino; si comprende che cosa egli rischia sul piano umano e su quello religioso, in mezzo alla rievocazione di una società e di un costume, così ostile come quello dei fiorentini. Dante ha intuito, nello svolgimento drammatico dell’episodio che qui non è concluso e che si proietta nell’attesa del canto seguente, quanto interesse prenda il cielo alla sua salvazione, al punto da far apparire quasi sconfitto, sia pure momentaneamente, il giudizio divino: un assurdo teologico, che si risolve in poesia. Pesano sul poeta le delusioni della sua città e le passioni politiche, si accrescono gli impegni della sistemazione di una vasta materia, quale è quella del peccato e del male, in una architettura generale; ma in questo canto, che si muove su di uno scenario lineare, in due atti, si hanno indicazioni sufficienti per capire la dolorosa vicenda che egli attraversa, mentre invoca l’ausilio della ragione, il soccorso della giustizia, personificata nell’impero, fiducioso in un intervento, che ha del miracolo. Intanto si è imposta, con la sua struttura di fortezza, in uno spazio smisurato, la città di Dite: i due poeti la vedono come una città, da ogni parte difesa, per resistere a un assedio. Il bagliore di fuoco che illumina le torri, le vedette, i simboli militari sono motivi di sgomento, con i mille diavoli agguerriti nell’insidia. La loro protervia si scatena contro l’itinerario della grazia intrapreso da Dante. Anche Virgilio sembra ridotto alla resa nel tornare sui suoi passi, dopo il rifiuto dell’apertura delle porte. Il trionfo demoniaco, in una mimesi a carattere scenografico, è accentuato in maniera da creare la tensione per la soluzione del dramma e l’investitura solenne del messo, che dovrà vincere il maligno e superare la prova più sconvolgente della violenza. La problematica del male acquista forme figurative: il peccato che lotta contro la libertà e la giustizia umana e divina. La sconfitta di Virgilio si tramuterà in vittoria: il soccorso celeste che restituisce prontamente autorità e vigore al maestro è già presente al poeta ___, che rammenta la resurrezione, e sa che la lotta a oltranza e l’urto dei demoni tra poco si dissolveranno. Così l’inquietante e minacciosa via senza uscita aggiunge, come nuovo elemento, la presenza misteriosa di Dio. Negli ambienti più cupi, in uno spazio che si amplifica ulteriormente, come un immenso paesaggio, l’azione del poema si sviluppa rilevando di volta in volta i problemi della persona umana e il senso dei giudizi divini.

Ma che parola manca su ___?

A.Bresciano

B.Siracusano

C.Fiorentino

D.Mantovano

Elenco risposte esatte

1.A

2.D

3.C

4.B

5.A

6.B

7.C

8.D

9.C

10.A

11.B

12.D

13.C

14.A

15.D

Giudizio finale

Risposte esatte giudizio

Da 0 ad 8 scarso

Da 9 a 12 buono

Da 13 a 15 esperto

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Dir. artistica Emanuela Petroni
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