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Sarò breve. Lo sarò perché odio i prefatori che si parlano addosso e perché penso che l’importante siano le pagine che sfoglierete, leggerete e sorriderete dopo questa. Si può sorridere una pagina? Sì, se quella pagina è stata scritta da Vittorio Banda. E il sorriso che ne scaturirà sarà spesso amaro: Vittorio non fa sconti ed è di lui che voglio parlarvi, prima che vi ripariate all’ombra der banano e vi facciate guidare dall’acutezza del suo sguardo che non risparmia niente e nessuno.
Vittorio Banda è un civis romanus di una specie tutta particolare. La stessa di imperatori del calibro di Adriano o di Diocleziano. Non erano romani di nascita, scelsero di esserlo per elezione. E’ esattamente quello che ha fatto questo poeta, nato in Sicilia, piemontese da dieci generazioni, innamorato di Roma. Io l’ho conosciuto su Facebook, grazie ad un suo componimento. Leggerlo e pensare a Trilussa è stato un tutt’uno. La verità l’ho scoperta insieme a quel sorriso amaro di cui vi parlavo prima. Fosse nato in un’altra epoca, Vittorio animerebbe le statue parlanti della Capitale dei tempi che furono, come Pasquino, come l’Abate Luigi. La forza che scaturisce dai suoi versi in puro vernacolo romanesco è la stessa dei tempi eroici di chi rischiava in proprio pur di mettere alla berlina le storture della società. E di storture, oggi come ieri, ce n’è fin troppe perché la penna pungente e affilata di Vittorio Banda non si cimenti. Sdraiato all’ombra del suo banano come su un triclinio di romana e imperiale memoria, Vittorio non si nasconde certo alla vista, anzi. Ricambia lo sguardo con tale intensità che è l’interlocutore ideale a doverlo abbassare. Sia esso la stupida superstizione oppure la moda del corteggiamento in chat.
Vittorio passa al setaccio la nostra vita, i nostri tic, i piccoli e grandi vizi della gente comune ma anche i macroscopici errori di coloro che hanno la presunzione di guidare la nazione. Non risparmia nessuno, con un linguaggio che è colorito e sferzante, come solo il romanesco del Belli, di Trilussa, di Pascarella ha saputo essere. E’ probabile che non risparmi neanche voi lettori. Anzi, è probabile che vi riconosciate in qualcuna delle sue invettive. E’ successo anche a me. Ed ho sorriso. Un sorriso amaro, di quelli che ti scavano dentro e ti fanno pensare. Perché all’ombra der banano non si sta comodi, ve l’assicuro, ma quando si torna alla luce del sole ci si scopre più consapevoli. Ed è esattamente questo lo scopo del civis romanus Vittorio Banda.