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NUOVE FORME PER L’UOMO MAGMATICO

DiCiadd News.com

Mag 19, 2019

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NUOVE FORME PER L’UOMO MAGMATICO 

Alte fronti, alimentando con superni Mantici la fucina di Vulcano, dapprima hanno liquefatto la società, poi hanno reso magmatici gli esseri umani in essa. Liberandoli dalle accumulate incrostazioni e rigidità vecchie di secoli, li hanno sciolti nel materno crogiolo da dove presto verranno colati in nuove forme attraverso un magico portale yetziratico… che Michael’s Gate ha reso visibile affinché coloro che sono pronti lo traversino coscientemente e attivamente. 

Il punto e il cerchio sono i due principali simboli del macrocosmo e del cosmo contratto che è l’uomo o microcosmo. Rispettivamente rappresentano l’identità costituita per coalescenza e fattasi fulcro del movimento il primo; e il secondo il confine tra interno ed esterno, tra proprio e altrui: pomerium romuleio, membrana che contiene e regola i flussi in entrata e in uscita. Sono simboli quindi della costituzione della comunità-collettività (da con-ligere) identificatasi, così come dell’uomo individuo differenziatosi; dell’io come unificatore delle percezioni e delle cogitazioni; costituzione intesa sia come atto di fondazione che come regola di funzionamento nella custodia del sé. Punto di partenza per i valori, i soggetti e i beni da tutelare giuridicamente, quindi per i diritti, per lo jus, per il fas.

Come appare il loro stato odierno dal comportamento delle persone? Soprattutto chiediamocelo in relazione alla globalizzazione e alla deliquescenza dei confini o meglio alla pervadente non spazialità e all’ubiquo non luogo di internet.

Io non sono un fruitore appassionato dei social communication media, ma ho avuto modo di osservare, con l’aiuto di conoscenti che sono tecnici del settore o insegnanti e studiosi del costume, come le generazioni giovani di oggi e di ieri col loro comportamento manifestano il dissolversi e il cadere in oblio o in desuetudine e, in ogni caso, l’indebolirsi, dei due principi morfogenici espressi dal punto e dal cerchio. Vedo ragazzi e ragazze mettere la propria vita intima, corporea e mentale, in esposizione su Facebook e altri social media, come quadri per mobilieri esposti in piazza ai mercatini degli scambisti, come mercanzie esposte sugli scaffali di un supermercato, accessibili a tutti o a molti perlomeno. Il proprio corpo ignudo e la propria attività sessuale esibiti in modo tale che persino i propri insegnanti e i propri genitori possono accedervi. Professionisti e pubblici ufficiali che si raccontano e si mostrano in aspetti ed atti della vita prima presentabili solo agli amici più stretti. E quei personaggi che vanno ad esibirsi nel Grande Fratello o sull’isola dei famosi, mettendosi a nudo, non sono professionisti che lo fanno per denaro, cioè che fanno professionalmente ciò che le persone normali non fanno se non eccezionalmente perché non sono disposte a farlo, bensì sono l’espressione di ciò che le persone normali fanno o vorrebbero fare e in ogni caso si aspettano che si faccia – perché adesso è normale eccitarsi osservando l’intimità altrui ed esibendo ad altri la propria davanti a un buco della serratura che sfocia in decine di milioni di schermi – ammesso che si possa ancora parlare di intimità. Certamente non si può farlo dal punto di vista etimologico, perché intimo è il superlativo dell’aggettivo interno, ed è proprio l’interno come dimensione differenziata che sembra venuto meno.

Due miei amici adulti, colti e intelligentissimi, che stavano insieme, poi hanno litigato e l’amica ha lasciato il suo compagno, il quale per ritorsione ha mandato in spam a molte migliaia di persone alcune fotografie di lei che aveva scattato sul letto in posizione ginecologica. Quando ella lo ha appreso, ed era in mia presenza, per tutto commento ha detto: Ah sì? davvero ha fatto questo? Che stronzo! E poi è passata a parlare di altro. Sono rimasti amici e in collaborazione tra loro. Ella non è stata turbata dall’apprendere che tutta quella gente, compresi praticamente tutti coloro che la conoscevano e con cui ha a che fare, me compreso, l’avevano vista in quel modo.

Altra cosa che pare comune è, per le coppie, fotografarsi o filmarsi durante le attività sessuali. Che scopo e che funzione possa avere questa pratica, non mi è chiaro (ho udito opinioni divergenti di esperti), ma certamente è qualcosa di cui sentono il bisogno più di quanto sentono il bisogno di riservatezza, di privacy. Forse anzi il sentirsi osservati e documentati da una telecamera li libera dal timore dell’intimità, e li disinibisce per maggiore iniziativa di godimento. Cioè forse il godimento è più facile se è libero e protetto dal rischio di intimità, perché l’intimità è profondità, è coinvolgimento.

E allora dobbiamo chiederci che cosa sia la privacy oggi, il bisogno, il bene giuridico da tutelare particolarmente regolamentando internet, ammesso che sia fattibile sul piano tecnico – cosa di cui dubito. Dobbiamo chiedercelo davanti al dato di fatto che intere generazioni sembrano, in massa, usare internet proprio per liberarsi dalla privacy, dal confine, dalla membrana, dalla separazione rispetto a un esterno, dall’altro, dal segreto, per mettere tutto in piazza in modo egualitario e trasparentista. Forse sono socialmente venute meno le esigenze simboleggiate dal punto fulcro-identità e dal cerchio confine-differenziazione. Forse vi è una richiesta di massa, rivolta al web (come alle sostanze e alle prassi pro-sballo), di liberazione dall’individualità che è sofferta come un peso. Ciò direi senza avventurarmi in considerazioni più profonde, come quella che l’individualità-differenziazione fa male e si vuole liberarsene perché è da essa che deriva la paura della morte, l’angoscia esistenziale, secondo lo Yogasutra di Patanjali.

Perciò forse  la regolamentazione per la privacy sul web dovrebbe concentrarsi e limitarsi alla custodia e trasmissione dei dati usati professionalmente e aziendalmente. Bisognerebbe creare circuiti e app dedicati allo scambio e alla conservazione riservati.  e al contempo si dovrebbe offrire alle moltitudini che vogliono usare il web per liberarsi dalla crosta dell’individualità, strumenti non nocivi e non legalmente compromettenti per poterlo fare senza poi subire ricatti, phising etc.

 Ma al contempo dobbiamo chiederci, antropologicamente, a che cosa stia portando questa ricerca di liberazione dall’individualità, dai due principi cardine, morfogenici, ordinatori, del centro e della circonferenza. Come accennavo in apertura, una risposta a un quesito tanto alto credo posso venire dall’arte, e sia anzi già venuta o stia arrivando dalla contemplazione ispirante di una singolare opera pittorica, il quadro surrealista Michaels Gate di Gilberto Di Benedetto, nel quale compare e agisce un’energia intorno alla circonferenza, al pomerium, che tritura gli inquinanti creature della dismorfofilia dell’arte contemporane e che assume una forma simbolica di vortici dinamici policentrici formatori, aspiranti matrici di nuove circonferenze con un nuovo centro – nuovi perché nascenti da basi che solo la contemplazione metodica renderà discernibili.

19.05.19 Marco Della Lun                 www.michaelsgatemuseum.com

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Dir. artistica Emanuela Petroni
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