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Liliana Manetti intervista Alessandro Quasimodo in esclusiva per il giornale CIADD NEWS.
Liliana Manetti intervista Alessandro Quasimodo in esclusiva per il giornale CIADD NEWS.
A Rocca Imperiale (Cz) Giuseppe Aletti editore, come ogni anno da 11 anni a questa parte, il 27 luglio scorso ha aperto le danze per il Festival della Poesia.
Per questo evento è giunta gente da tutta Italia, sfidando il caldo delle giornate più afose dell’estate.
Durante i giorni del Festival, ci sono state serate dedicate alla musica con: il concerto di Gianluca Grignani e lo svelamento della stele poetica dedicata al cantante; la bravissima cantante Antonella Ruggero nel concerto chiamato “Elettroshock”, con il tastierista Mark Harris; un concerto di pianoforte di Alberto Fortis che poi, in un dialogo aperto con il pubblico, ha suonato le sue canzoni più famose; Alessandro Haber, nello spettacolo “Haberowski”, ha interpretato testi di Charles Bukowsky e ha cantato i più grandi successi dei cantautori italiani; la Rino Gaetano Band, ha proposto le cover di Rino Gaetano.
L’attore Cosimo Damiano Damato ha letto le poesie più belle di Alda Merini, durante l’esibizione della Ruggero.
Ad arricchire il tutto ci sono state due Masterclass di poesia, e anche qui grandissimi nomi:
Francesco Gazzè, Alessandro Quasimodo, Giuseppe Aletti, Hafez Haidar, Dato Magradze, Franco Arminio, Davide Rondoni, Pino Suriano e Mogol.
Si sono tenute due Estemporanee di poesia alle quali hanno partecipare diversi poeti esibendosi nella lettura di proprie poesie scritte su tracce uguali per tutti.
Nella suggestiva location Spazio esterno Bar la Casetta, al termine della presentazione del testo di elaborazione teatrale “Fuori non ci sono ombre, e cadono” interpretato da Alessandro Quasimodo, figlio del premio Nobel alla letteratura Salvatore Quasimodo, abbiamo avuto il piacere di poter incontrare l’attore e di porgli alcune domande.
D:- Come è stato respirare un’aria di cultura in famiglia a livelli così elevati sin da bambino?
R:- Ho vissuto questo molto male, ho iniziato a leggere a quattro anni.
Le mie letture erano sin da subito impegnative: non è affatto facile crescere in una realtà così profonda ed intensa a livello culturale, sono venuto fuori, insomma, come un bambino prodigio.
D:- Come è nata la sua passione per il teatro?
R:- È nata per caso, quando ero poco più che un ragazzino e vedevo spettacoli teatrali a Milano.
E inizialmente credevo di voler fare, da grande, il regista.
D:- Rispetto alla sua carriera come attore c’è qualche aneddoto che ci vuole raccontare?
R:- Un aneddoto che ricordo con molta profondità accadde durante l’incontro, quando avevo poco più di dieci anni, con il genio artistico di Emma Gramatica, che io considero una delle attrici più importanti del ‘900.
Io rimango basito dal fatto che al giorno d’oggi, a volte, viene dato l’appellativo di grande attore, o artista che sia, un po’ a tutti.
Resto del parere che la “zampata del genio” l’hanno davvero in pochi.
Fu dopo uno spettacolo teatrale dedicato all’opera di Pirandello “Così è se vi pare”, dove l’artista interpretava magistralmente la signora Frola.
Era così brava che feci fatica a distinguere l’attrice dal personaggio che interpretava, tant’era la bravura.
Così decisi di andare a conoscere la Gramatica nel camerino.
Lì le confidai il mio sogno di diventare regista, ma lei mi disse: “Se quelli come te rimangono dietro le quinte, chi andrà in scena?”
E fu subito amore da parte mia per l’idea di fare l’attore in futuro!
Mi aveva subito inquadrato!
Negli anni a venire mantenemmo una corrispondenza, conservando un’amicizia fino a quando lei morì 10 anni dopo.
Poi sono andato avanti con la mia formazione e la mia carriera, lavorando con grandi nomi come Fellini e Tognazzi etc.
Inoltre amo intensamente, sin da quando ero ragazzo, l’opera, perché è la massima espressione artistica che coniuga l’arte alla musica.
D:- Durante la presentazione dello scorso 28 agosto, qui al Federiciano in provincia di Cosenza, del Festival di poesia di Rocca Imperiale ideato dall’editore e critico letterario Aletti, della sua pubblicazione “Fuori non ci sono che ombre e cadono”, che è un’elaborazione teatrale, da cui poi lei ha tratto uno spettacolo, basato sull’epistolario tra Maria Cumani e Salvatore Quasimodo, lei ha ricordato che l’amore tra suo padre e sua madre era un amore passionale, ma anche molto tormentato e sofferto, soprattutto da parte di sua madre. Come parlava Maria Cumani di suo padre il grande poeta Salvatore Quasimodo?
R:- Sì, ho pubblicato questo libro, con Aletti Editore, che è dedicato interamente alla corrispondenza tra mio padre e mia madre: mi è stato chiesto di parlare dei miei genitori e allora ho risposto che avrei fatto della loro corrispondenza uno spettacolo teatrale, e sono molto fiero di averlo fatto.
Rispetto al rapporto tra mio padre e mia madre non è la prima volta che dichiaro che fu un rapporto molto passionale, ma sofferto da parte di mia madre, ma anche che lei lo amava tantissimo e, nonostante tutto, nessuno doveva “toccarglielo”.
Lei poteva dire qualsiasi cosa, come ad esempio in alcune occasioni dichiarò che mio papa’ era un vero e proprio genio della poesia, ma aveva un carattere e un modo di fare che a volte poteva arrivare a sembrare molto antipatico.
Ma, ripeto, questo giudizio poteva esprimerlo solo ed esclusivamente lei.
Come d’altronde noi tutti facciamo con i nostri cari.
Possiamo dire cose negative solo noi che siamo all’interno di relazioni che ci stanno a cuore più da vicino, e non permettiamo che si intromettano gli altri con i loro giudizi.
Mia mamma era una donna bellissima, dalla spiccata eleganza, e papà ne rimase totalmente affascinato sin da subito.
Anche lei venne travolta dal fascino di mio padre: lui non la vide mai come una donna da crescere come un pigmalione, aveva molta stima di lei e riconosceva il suo carattere ed il suo talento.
E Quasimodo si fece aiutare da lei anche per alcune traduzioni (I Lirici greci, Neruda).
D:- Abbiamo accennato alla sua formazione da quando era bambino. Invece quale fu la formazione di suo padre, premio Nobel per la letteratura?
R:- Sì mio padre aveva un fardello addosso che si portava sin da bambino: il terremoto di Messina (visto che lui era originario di quei luoghi), e per un bambino di otto anni non è stato affatto facile. Ma lui attraverso le sue capacità poetiche è riuscito ad “esorcizzare” i suoi drammi e il suo dolore. Ha utilizzato una catarsi attraverso la poesia che gli ha permesso di stare meglio e anche di uscirne come talento che gli ha cambiato la vita.
D:- Salvatore Quasimodo, secondo lei come poeta può essere inserito, come è stato fatto, nella corrente letteraria dell’Ermetismo?
R:- No, io credo proprio di no.
Molto spesso, secondo me, si inseriscono, catalogandoli in alcune correnti artistico letterarie, dei grandi nomi, ma questo non rispecchia le realtà alla quale appartengono: come è accaduto con mio padre, associandolo all’ermetismo.
La corrente ermetica tendeva a voler celare il significato profondo dei concetti lasciando un velo di mistero.
Ma, ad esempio, Ungaretti: “Si sta come / d’autunno / sugli alberi / le foglie”.
Cosa c’è di ermetico?
Nulla.
Si sa che i soldati sono come le foglie: stanno vivendo un rischio altissimo e in ogni momento possono morire, come le foglie che sono appese ad un filo in autunno.
D:-Come vede Lei le associazioni culturali, i circoli, i Festival dedicati alla cultura, all’arte, alla musica?
R:- Sono come dei fiori che crescono nel “deserto”, ci sono delle realtà culturali e degli intellettuali che sono come dei baluardi della cultura, dei veri e propri pionieri direi, dei combattenti che lottano strenuamente per difendere la cultura che è destinata ad una fine molto triste.
Io sto vivendo malissimo questo momento storico e politico.
Io che ho conosciuto persone come Berlinguer, Terracini, Scalfaro.
Vedere il popolo che inneggia al nuovo che avanza, sotto spinta di forze politiche che a mio avviso invece sono davvero “il vecchio” che si ripropone.
Sono sempre le stesse cose, le stesse raccomandazioni le stesse persone, in Italia non esiste la meritocrazia purtroppo.
D:- Anche se siamo in un’epoca che si può quasi definire buia, come se si trattasse di un nuovo medioevo moderno e tecnologico, lei ha speranze per il futuro?
R:- Non lo so. Per ora vedo un tunnel nero. Il popolo italiano purtroppo ragiona con la pancia. Non vedo molta speranza se si continua in questa direzione.