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IL DIVORATORE DI ANIME – CAPITOLO 44

DiPietro Sciandra

Ott 8, 2016
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Capitolo 44

Quindi torniamo al discorso di Lobo e sua madre; che la madre non capisce del perché il legame del figlio con i lupi dopo che gli hanno sbranato il padre. Molti potrebbero dire che Lobo sia pazzo, ma non è così. Quando il male prende possesso di una persona, se passa molto tempo ti ci abitui e lo accetti, non perché ti piace, ma sei costretto in qualche modo ad accettarlo. Non bisogna accettare ciò che non si può sconfiggere, perché solo contro la morte non c’è sconfitta. La morte dell’anima, purtroppo è sempre morte.

Bisogna dire che con tutto che la morte dell’anima sia una morte immateriale, è purtroppo sempre una morte reale, anche se indimostrabile ed intangibile. Quello che conta è che sia in ogni caso una realtà, anche se immateriale.

Tornando al discorso di Lobo, riprendendo la sua storia; crescendo diventa sempre più isolato e si sente sempre in obbligo di difendere la madre da chiunque le possa creare dei problemi. Se un giorno Enrica avesse deciso di cercarsi un altro uomo, suo figlio glielo avrebbe impedito; perché secondo lui la madre doveva rimanere fedele al marito anche dopo la morte e poi lui non avrebbe mai potuto vedere un altro uomo al posto del padre dopo tutto quello che era successo, considerato che il padre sia morto per salvare loro, Lobo considerava un tradimento nel non rispettare il sacrificio del marito, e di unirsi ad un altro uomo; considerato il grande gesto d’amore di suo padre, a morire divorato dai lupi per salvare la moglie ed il figlio. Enrica cominciava a sentirsi sempre di più molto sola e tentò di convincere il figlio ad accettare un altro uomo dentro casa, anche perché con un altro uomo sarebbe stato meglio anche lui, avrebbe avuto più cure; più tempo per stare insieme; premesso in ogni caso che quell’uomo che aveva conosciuto la madre, Luciano, non avrebbe mai preso il posto di Marcello; era solo per recuperare la solitudine e superare la disgrazia prima possibile. Enrica non ce la faceva più a stare da sola, non voleva dire che non amasse più il marito, ma il dolore era insopportabile e le stava consumando l’anima. Enrica voleva in tutti i modi che suo figlio accettasse Luciano; poteva considerarlo un amico della madre o quasi uno zio. Lobo decise di accettare ad una condizione, ovvero se lei stava con un altro uomo, doveva regalargli un husky; come promise il padre prima di partire per il Messico. Enrica non riusciva a comprendere come il figlio potesse desiderare un husky, soprattutto per la sua sembianza di cane selvatico, sguardo di ghiaccio e la fisionomia di un lupo. Enrica tentò di convincere il figlio che forse era meglio evitare di tenere un husky, perché lei ne aveva paura, perché è davvero credibile come lupo, è la razza di cane che si avvicina moltissimo a quella di un lupo. Lobo non sentì ragioni, era questo il prezzo da pagare se lei voleva un altro uomo. Enrica, di fronte a questo ricatto e questa prepotenza del figlio si trovò costretta a cedere.

Lobo voleva un husky per vari motivi; ovvero, oramai i lupi erano un’immagine che era diventata parte di sé, poi il padre gli aveva promesso di regalarglielo al ritorno dal Messico, e poi considerata la disgrazia e tutto ciò che avevano passato, il lupo per Lobo era l’unico modo per rimanere legato al padre, perché il padre gli aveva promesso di allevare insieme il cane, cosa che non è più possibile. Lobo aveva l’immagine del lupo tra quella di se stesso e quella del padre; non poteva fare finta di dimenticare. Lobo ora aveva anche un motivo in più per desiderare un husky; ovvero pensava che dopo tutto ciò che era accaduto in Messico, è meglio avere un lupo come amico che come nemico, ovviamente, e poi l’husky lo avrebbe difeso da qualsiasi cane e soprattutto da quelli randagi quando andava in giro, si sentiva protetto da ciò che era stata la sua distruzione, ciò che gli ha ucciso l’anima e ciò che ha ucciso il padre. Lobo vedeva nel cane, ottenuto grazie all’intervento di Luciano; come una reincarnazione del padre. Lobo decise così di dare all’husky il nome di lupo, però ricordando il sacrificio del padre in Messico, gli diede il nome di lupo in spagnolo, Lobo. Così, il cane Lobo era l’immagine per legare quattro cose in una:

  1. la morte del padre sbranato dai lupi in Messico
  2. la promessa del padre di crescere insieme un husky, e che nemmeno la morte poteva separarli, come due anime nel corpo del cane
  3. il cane era un’immagine amica che poteva rendere ancora più forte Lobo ed aiutarlo a superare la paura dei cani e soprattutto dei lupi
  4. Lobo vedeva nel cane la sua unione definitiva con un’immagine che lo avrebbe accompagnato per sempre rendendolo parte integrante di sé.

Quindi ora dobbiamo distinguere Lobo, il Sin Alma, con Lobo l’husky.

Così, Lobo ora non teme più nulla, perché ciò che era la sua maledizione stava diventando il suo futuro, in un modo o nell’altro.

Enrica cominciava ad affezionarsi all’husky e vedeva in quel cane un’immagine di supporto e di protezione. Lobo, invece si sentiva in grado di fronteggiare chiunque ed ora più che mai avendo un amico fidato che poteva raddoppiare l’effetto devastante di un cane ed il suo padrone che erano un’unica ombra, si muovevano inevitabilmente sempre insieme. Lobo era molto affezionato al suo cane, perché aveva compreso che non potendo vivere nel terrore eterno nel vedere cani e lupi; lo spirito del padre lo avrebbe protetto e gli avrebbe dato coraggio, solo però ricorrendo ad un intermediario della sua morte, l’immagine di un lupo. Lobo vedeva nel cane non più l’assassino di suo padre, ma in ogni caso vedeva suo padre stesso, come se Marcello si fosse unito all’husky, fondendo la sua anima viva nel corpo del cane, perché Marcello non poteva abbandonare il figlio che ora era vivo senza anima, quindi un Sin Alma. Marcello doveva riconciliarsi al figlio e proteggerlo; perché ora in tre rappresentavano un’entità sola: Marcello, Lobo e l’husky. Marcello era il morto con l’anima viva, Lobo era il vivo con l’anima morta ed in mezzo c’era l’husky che era da tramite, perché l’immagine dell’husky era causa di separazione tra i due. Per Lobo, il suo husky stava assumendo un’immagine sacrale, guai a chi avesse fatto del male al suo cane, sarebbe stato capace di ucciderlo, perché chi faceva del male al cane era come se facesse del male a suo padre; e quindi Lobo vedeva un’occasione di riscatto e di vendetta verso chi volesse far del male al suo cane che rappresentava suo padre ed il suo sacrificio.

Gli anni passano, è l’anno 2000; Lobo ha 19 anni, è venuto a sapere di un torneo di combattimento segreto; al quale era obbligatorio partecipare mascherati. Lobo decise di prenderne parte e di usare l’immagine del lupo per incutere timore ai suoi avversari, ma soprattutto per vendicarsi; ovvero diventare lui stesso un lupo e fare provare agli altri ciò che aveva provato il padre; e questa sua sete di sangue e di vendetta poteva farlo sentire meglio, ma non poteva mai fermarsi, perché solo facendo soffrire molto gli altri lui poteva sentirsi meglio; perché l’unica cura per un Sin Alma è provocare dolore agli innocenti per riscattarsi e liberarsi, perché solo facendo lui stesso agli altri, ciò che i lupi fecero a suo padre, lui riviveva quella situazione da protagonista questa volta e non da vittima.

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Dir. artistica Emanuela Petroni
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