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IL DIVORATORE DI ANIME
Capitolo 42
Ora dobbiamo conoscere l’avversario di Piranha, ovvero Lobo (Lupo in spagnolo).
Dobbiamo tornare al 1991, a Roma, tutto cominciò in una famiglia italiana composta dai genitori ed il loro figlio di 10 anni. Il bambino di 10 anni provava un grande amore per i cani, soffriva molto se qualcuno maltrattava i cani, anche solo in televisione, lui sarebbe stato disposto a mettersi contro chiunque maltrattasse i cani e soprattutto odiava a morte chi abbandonava i cani, perché pensava dentro sé se i genitori lo avessero abbandonato per strada al suo destino cosa sarebbe potuto succedere, così capì che non bisogna abbandonare i cani, per due motivi; ovvero primo perché commetti un atto illecito ed immorale ad abbandonare un essere vivente abituato ad essere servito e coccolato, e secondo metti in circolazione un animale che potrebbe diventare un pericolo per chiunque, perché abituato ad una certa vita sicura, tranquilla, con il cibo tutti i giorni ed un posto al caldo; il cane abbandonato potrebbe diventare molto violento se gli venissero a mancare in modo violento tutte queste cose.
Difatti il bambino pensò quanto potesse sentirsi triste un cane che viene abbandonato, quindi un cane non deve essere abbandonato per lui e per noi che potremmo essere morsi da un cane rabbioso. Il bambino sognava di diventare da grande un veterinario e di prendersi sempre cura dei cani, non per soldi, ma per passione e per sentirsi utile alla società, per chi ama i cani come lui e per i cani stessi.
Il bambino sognava anche di poter cambiare le cose, ovvero di revisionare i canili e renderli più agibili per i cani e poi un canile non deve essere un luogo di tortura, ma un luogo di accoglienza in attesa di un padrone. Il bambino provava grandi sentimenti profondi verso i cani ed era sempre pronto ad aiutare qualsiasi cane in difficoltà o semplicemente dargli solo da mangiare quando poteva, anche ad un qualunque cane randagio, perché considerava tutti i cani suoi amici da difendere. Il sogno del bambino era anche di avere un husky, perché gli piaceva tanto il cane con il pelo lungo e folto come Zanna Bianca. Per il bambino l’husky non era un cane come gli altri, perché lo considerava come il principe dei cani, il cane nobile, il cane più bello, più forte, più affascinante ed anche più pericoloso, quindi un amico fedele perfetto, in grado di proteggerti da chiunque ti voglia fare del male. Il bambino amava molto Zanna Bianca, per questo voleva un cane così, perché per lui era come un mito, una specie di animale leggendario vivente, una fortuna immensa per chi possedesse un husky.
L’husky per il bambino era come avere un unicorno, un drago od un cavallo alato, era questa l’immagine che aveva il bambino di un husky, un sogno che sperava si realizzasse prima possibile.
Il padre Marcello e la madre Enrica tentarono di accontentare il figlio, ma per il momento non era possibile, perché si sarebbero dovuti spostare per partire per il Messico ed era impensabile accudire un cane.
Così, i genitori rinviarono l’adozione di un cane a dopo il viaggio in Messico che dovevano affrontare per turismo. I signori Romano, Marcello e sua moglie Enrica andavano pazzi per il Messico, perché consideravano incantevoli i posti esotici e le grandi spiagge sabbiose. In ogni caso la famiglia Romano era anche interessata alla cultura messicana e la sua storia.
Ecco l’estate. La famiglia Romano si appresta a partire per il Messico alla data stabilita. Il viaggio in aereo era molto lungo ma ne valeva la pena. La famiglia alloggiò a Città del Messico; ma il giro comprendeva, affittando un’auto, di visitare anche Ciudad Victoria e Monterrey. La traversata della Sierra Madre Orientale fu molto lunga. I paesaggi incantevoli non mancavano di certo, anche se a volte molto desolati. Nel cammino verso Monterrey; la famiglia si trovò costretta ad una sosta forzata avendo forato una gomma. Purtroppo, il posto era molto desolato, e nel frattempo che Marcello sostituiva una gomma fu infastidito da un lupo solitario. Il lupo forse stava solo cercando qualcosa da mangiare, ma cominciò a ringhiare a Marcello. Il figlio che appena si accorse del pericolo non riusciva ad emettere un fiato, Enrica cominciò ad agitarsi; il bambino era in stato di angoscia ed ansia, non sapendo l’esito di un tale scontro così violento. La cosa peggiore era che il bambino che difendeva tanto i cani non riusciva ad accettare che un lupo stesse per sbranare suo padre. Marcello per difendere suo figlio attaccò il lupo con il serra bulloni, ma il lupo vedendo Marcello minaccioso lo attaccò rapidamente mordendolo e sbranandolo; Marcello rimase ferito gravemente; Enrica fu presa dal panico e non riusciva a muoversi, tentò di proteggere suo figlio, ma non sapeva nemmeno dove e come scappare perché la gomma non era ancora stata sostituita. Il bambino si sentì morire dentro e preso dal panico; non riusciva a muoversi e tremava accanto alla madre. Marcello nel frattempo si stava rialzando dolorante da terra per difendere sua moglie e suo figlio. Il lupo non esitò a riattaccare senza pietà il povero Marcello; la lotta fu molto lunga; Marcello cadde a terra e fu morso al viso; il lupo rimase leggermente ferito per i colpi del serra bulloni, ma questo non riusciva a fermarlo, perché il lupo più riceve male e più diventa cattivo, aggressivo e feroce; perché capisce che deve attaccare con più aggressività e distruggere totalmente il suo nemico. Enrica e suo figlio implorarono Marcello di lasciar stare il lupo, perché Marcello era troppo ferito e soprattutto stava perdendo molto sangue sia dal viso che era quasi sfigurato completamente e poi era stato morso ad un braccio ed una gamba. Marcello era pronto a battersi fino alla morte per difendere suo figlio e sua moglie. Il lupo stava per cedere; ma improvvisamente, arrivarono altri quattro lupi che vista la situazione aiutarono il loro compagno di branco che si era allontanato, perché i lupi solitamente si muovono in branchi; ma ci sono dei casi in cui si muovono da soli. Marcello non ebbe scampo, fu sbranato dai cinque lupi che non gli diedero tregua e lo finirono davanti a sua moglie e suo figlio. Uno spettacolo terrificante di un massacro che sembrava una condanna medievale, di quando un condannato veniva sbranato dai lupi come pena, anche se questa volta si trattava di un innocente. (Forse non solo stavolta).
Marcello morì sbranato dai cinque lupi, Enrica e suo figlio rimasero in macchina per proteggersi dai lupi, la disperazione era totale, non c’era nessuno che potesse aiutarli. Enrica non poteva nemmeno fuggire con l’automobile, perché c’era ancora la ruota bucata e la macchina non poteva camminare in quelle condizioni. Il bambino vede il padre massacrato, sbranato e divorato dai lupi, proprio ciò che lui amava di più, gli ha tolto il padre davanti i propri occhi. Il terrore regnava su quella strada desolata, i lupi giravano intorno al cadavere di Marcello rosicchiando a piccoli morsi. Enrica stava impazzendo dal panico e non sapeva più cosa fare, perché non potevano nemmeno fuggire. Il bambino non riusciva a parlare, tremava così forte che sembrava si fosse immerso in una botte di acqua congelata. Il bambino subì un forte impatto violento da non rendersi nemmeno più conto di ciò che stesse succedendo, aveva paura di tutto e vedeva i lupi girare intorno alla macchina che tentavano di entrare. Il panico non aveva più limiti, Enrica e suo figlio urlarono dal terrore, sperando che qualche passante li sentisse. Il bambino non riusciva a muoversi, perché gli animali che considerava amici gli avevano ucciso il padre e lui stesso e la madre stavano per fare la stessa fine. Il bambino amava proprio il genere dei cani, per lui i lupi non erano cattivi, avevano solo una reputazione che gli sembrava ingiusta, ma scoprì nel peggiore dei modi che infondo era vero. I lupi sono buoni solo se stanno lontani. Il bambino subì una mutazione psichica per il forte spavento. Enrica non poteva fare altro che sperare in qualche aiuto esterno, perché non poteva nulla contro cinque lupi. I lupi tentarono di entrare in macchina in tutti i modi, l’automobile era presa d’assedio, perché i lupi volevano distruggere tutta la famiglia e non si trattava solo per mangiare, sembrava che volessero vendicarsi per il loro compagno ferito.
Per fortuna un’auto di passaggio si accorse della situazione. I due nella macchina tentarono di far scappare i lupi tentando di investirli, i lupi un po’ alla volta se ne andarono ed Enrica e suo figlio salirono a bordo dell’auto di passaggio. Tutto questo successe dopo 30 minuti dalla morte di Marcello. Enrica ringraziò gli automobilisti che li avevano aiutati. Uno dei due automobilisti disse:
“Che è successo, signora?”
Enrica rispose:
“Abbiamo bucato, e nel frattempo che mio marito sostituisse la gomma è stato minacciato da un lupo, mio marito per difenderci lo ha attaccato ed è rimasto ferito! Dopo, mentre mio marito stava vincendo sono arrivati altri quattro lupi e lo hanno sbranato tutti insieme! Noi abbiamo tentato di ripararci nell’auto, ma non potevamo camminare, perché la gomma bucata non era ancora stata sostituita da mio marito! Se non foste passati voi, non so cosa sarebbe successo!”
L’automobilista disse:
“Stia tranquilla, signora, ora siete al sicuro! Non si può girare questa zona del Messico senza almeno un fucile, questo è un posto selvaggio e desolato!”
Messi al sicuro in un albergo, Enrica e suo figlio cominciarono ad organizzare il viaggio per il ritorno, per lasciare prima possibile il Messico, dopo quella sconvolgente ed interminabile tragedia che era costata la vita a Marcello. Il bambino cominciava ad odiare a morte non solo i lupi, ma tutti i cani, perché si sentiva tradito, proprio ciò che difendeva con tanta passione e tanto amore è stata la distruzione del padre e per poco non lo è stata anche la sua e quella della madre. Il bambino si trovò trasformata la passione in odio, e non sapeva più in cosa credere, perché quando difendi qualcosa con tutte le tue forze e proprio questa ti distrugge, non capisci più dove ti trovi. Difatti il bambino che subì la mutazione psichica in modo così violento, voleva solo stare solo con il suo dolore, perché nessuno avrebbe potuto comprenderlo, tranne solo la madre che ha vissuto la tragedia insieme a lui. Enrica tentò in ogni modo di stare vicino al figlio, ma una tale situazione non sai mai come affrontarla, perché per quanto si possa avere l’illusione di superare certe tragedie familiari, è solo un’illusione colossale.
Alcuni giorni dopo, oramai in Italia, Enrica non riusciva a stare senza il marito, soprattutto perché lo aveva visto morire davanti i propri occhi sbranato da quei cinque lupi. Enrica tentava di consolare e di dare pace al figlio che non riusciva a rassegnarsi. Enrica stava sempre male, perché si sentiva così sola di colpo e tentare di aiutare il figlio a recuperare un tale disastro la faceva soffrire di più, perché pensavano sempre a quel tragico giorno in Messico; un viaggio di piacere è diventato una disgrazia totalmente insopportabile. Il bambino aveva sempre paura quando camminava per strada, pure quando andava a scuola, perché quando vedeva un cane rimaneva immobile, come se si trovasse in macchina a rivivere quel terribile giorno in Messico. L’anima del bambino era morta, non c’era più nulla da fare, il bambino stava diventando un Sin Alma. Il bambino tremava fortemente alla vista di un cane, e se capitava che ne vedeva due vicini non riusciva nemmeno a fare un passo, come se aspettasse di morire od osservare i movimenti di quei cani in ogni secondo, perché ne valeva la sua vita, anche solo la vista. Il bambino aveva anche gli incubi la notte, perché quando vedeva i cani di giorno di notte sognava i lupi che sbranavano il padre e che lo inseguivano per sbranarlo. Il bambino si svegliava anche di colpo urlando, perché ogni volta l’incubo gli sembrava così reale che gli ricordava non solo la morte del padre, ma anche come se dovesse guardarsi le spalle come se i lupi, ed anche i cani stessero dando la caccia a lui, per fare ciò che non avevano potuto fare quel giorno a lui e sua madre, non per mangiarli, ma per vendetta.
Il bambino si sentiva sempre perseguitato da cani e lupi, i cani perché da tanto amore che provava si è trovato costretto ad odiarli perché simili ai lupi, i lupi li odiava ma cominciava a provare una sensazione di attrazione fatale per i lupi.
Così, stranamente, il bambino crescendo, non potendo più sopportare l’immagine di un cane o di un lupo come maledizione e terrore infinito che si riproponeva ogni volta che vedeva un cane, i cani che tanto amava li odiava, invece i lupi che odiava perché causa della morte del padre, si trovò costretto ad amarli perché per lui il tempo si era fermato alla morte del padre e con la morte del padre era morta anche l’anima del figlio e l’unico modo per rimanere insieme padre e figlio sconfiggendo la morte del corpo del padre e la morte dell’anima del figlio in mezzo c’era l’immagine immortale del lupo che non si poteva cancellare. Il bambino non riusciva a fare a meno di pensare almeno una volta al giorno all’immagine del lupo, come un amore però forzato. Il mondo crudele che ti costringe ad amare. Per quanto possa sembrare strano, il bambino non riusciva a dimenticare, anche se per molti di voi possa sembrare strano amare ciò che ti ha distrutto, ma non è così; perché per un Sin Alma è una cosa normale; perché un’immagine immortale che prende possesso di te e ti unisce all’immagine di una violenza che ti ha segnato a vita e soprattutto, nel caso di Lobo, questo il soprannome che prenderà il bambino da grande, la violenza dei lupi è l’unico ricordo che lega Lobo al padre, un affetto tolto con la forza davanti i propri occhi e la paura di morire, stando abbracciato alla madre nella macchina. Il morso del lupo non può cancellarlo dalla mente; perché Lobo; oramai possiamo chiamarlo così; si rende conto che crescendo non può combattere contro se stesso, perché sarebbe come voler cambiare una realtà immutabile, perché non può certo tornare indietro nel tempo.
Gli esseri umani per quanto si possano credere i padroni del mondo in realtà sono le prime vittime. Lobo vede l’immagine del lupo ovunque, a volte pensa ai lupi anche stando sveglio, non solo in sogno. Lobo comincia a capire che non può scappare in eterno di fronte ad un cane, perché il mondo ne è pieno, non può vivere nel terrore vedendo cani ovunque perché si sente sempre preso di mira solo se vede un cane davanti a sé. Lobo doveva prima o poi affrontare la situazione. Certo, non era facile per lui crescere senza il padre; Lobo vedeva sempre se stesso ed il padre, ma in mezzo c’era il lupo. Lobo dormiva di giorno quando poteva e viveva di notte, perché la notte cominciava a dargli coraggio stranamente. Lobo mangiava sempre con molta fame ed aveva sempre fame, cosa che non gli succedeva prima, non capiva cosa gli stesse succedendo, ma con il tempo finì per accettare la sua mutazione psichica senza farci più caso, oramai il male aveva preso possesso di lui. Quando litigava a scuola, soprattutto agli amici che lo prendevano in giro, anche perché Lobo si sentiva triste ed a disagio in classe, perché tutti avevano il padre e lui non più; e così si legava sempre più all’immagine del lupo, come se stesse diventando il suo nuovo padre. Stranamente Lobo mentre litigava aveva l’istinto di mordere i suoi compagni di classe che lo infastidivano e creava loro delle brutte ferite. Lobo passò dei guai con la direzione della scuola, anche se cercarono di comprenderlo avendo perso il padre molto presto e poi in quel modo, divorato dai lupi davanti a lui.
Per un Sin Alma il tempo si ferma alla morte dell’anima e dopo non ha più alcun significato di quanto tempo passi, perché ogni giorno che ti allontana da quel giorno tu vuoi avvicinarti, perché è l’unico modo per unirti alla persona che hai perso e che ti rendi conto di quanto ti manca, soprattutto nei momenti del bisogno e di un appoggio morale. Lobo si sentiva sempre solo e si trovava sempre solo, come appunto un lupo solitario; perché i suoi amici lo lasciarono solo dopo la morte del padre, perché non sapevano cosa dirgli e si sentivano sempre in difficoltà e sempre in colpa solo a pronunciare la parola “papà”, una parola insostituibile e che Lobo non poteva più pronunciare con un’immagine fisica. Per questo gli amici di Lobo fecero molto male a scansarlo; perché avrebbero dovuto stargli più vicino considerata la situazione e non abbandonarlo. Lobo si sentì sempre più triste e sempre più tradito, perché cominciò a mettere insieme molte idee. Difatti, Lobo difendeva sempre i cani, dava sempre loro da mangiare perché diceva che i cani sono i migliori amici dell’uomo. Poi Lobo diceva che non bisogna abbandonarli e che bisogna considerarli come amici dell’uomo e quasi come cittadini, considerato il loro numero; perché Lobo pensava che esseri umani ed animali siano entrambi cittadini della Terra e nessuno deve fare violenza gli uni sugli altri.
Purtroppo molte cose cambiarono la psiche di Lobo; perché proprio i lupi hanno ucciso suo padre, e lui stesso fu abbandonato dai suoi amici, e pensava che lui diceva di non abbandonare i cani quando invece si abbandonano le persone. Lobo non aveva più nessuno intorno, nessun amico gli chiedeva più di uscire o di andare a mangiare qualcosa insieme. Lobo si sentiva sempre di più come un lupo, perché si sentiva obbligato ogni volta a cercarsi da mangiare da solo, perché la madre lavorava sempre, essendo rimasta sola. Lobo vedeva nel cibo non più un bisogno fisico, ma uno sfogo di violenza subita, pensava di fare al cibo ciò che avevano fatto i lupi a suo padre. Non solo, quindi una specie di vendetta che potrebbe sembrare senza senso, ed un’occasione di riscattarsi in qualche modo, ma Lobo vedeva nel cibo un’immagine di conforto, ma soprattutto di compagnia, perché il lupo mangia anche per non sentirsi solo. Difatti, il lupo quando attacca qualcuno, oppure un altro animale, non vede nell’altro essere vivente solo come una minaccia ed un pericolo, ma vede prima di tutto una compagnia che gli manca sempre; perché il lupo un’immagine nuova la vede come carica di energia, anche se poi si deve battere. Al lupo qualsiasi immagine di compagnia fa contrasto nella sua vita solitaria, perché anche se i lupi sono conosciuti come animali che si spostano in branco; quando è da solo è ancora più pericoloso, perché sa che deve fare tutto da solo.
Non voglio dire che un branco sia meno pericoloso di un lupo solitario, anzi, è una sciagura. Voglio solo soffermarmi sul fatto della differenza di spirito, ovvero; il lupo del branco ha un determinato spirito aggressivo, si sente come punto di forza del branco, perché per quanto possa sembrare strano il lupo crede molto nel lavoro collettivo e nell’unione con gli altri suoi simili, il lupo adora l’attacco di squadra e se gli tocchi un suo simile è come se te la prendessi anche con lui, come tanti tentacoli della stessa piovra. I lupi possono anche agire da soli, anche se non è molto comune, ma se dài loro fastidio ti sei rovinato.
Lobo cominciò anche a studiare il comportamento dei lupi sui libri di biologia, perché scoprì che l’unico modo di tentare di superare quella paura era solo conoscere il meglio possibile la fonte della sua maledizione. Per quanto potesse sembrare strano alla madre, Enrica non riusciva a trovare il senso logico del figlio nello studiare gli animali che uccisero suo padre, invece di distruggerli o dimenticarli. Lobo era sempre molto informato sui lupi e su tutte le specie e la loro diffusione soprattutto, perché era importante sapere dove si trovassero per scongiurare il pericolo di essere aggrediti.
I lupi oramai erano parte della vita di Lobo; e lui stesso cominciava a sentirsi sempre più forte ed acquisire sempre più potere, perché più sapeva sui lupi e più riempiva la sua anima vuota, quindi morta, perché i Sin Alma hanno l’anima vuota perché è morta.
Il vuoto è principio di morte. Lobo cominciava a rendersi conto di essere qualcos’altro, non si sentiva più lui, lo stesso fanciullo innocente ed introverso e timido e timoroso, ma una bestia con una grande forza vitale incontrollabile ed insaziabile, ovvero la fame e la vendetta. Lobo voleva diventare più forte di quello che era già, per essere in grado in futuro di avere il coraggio di affrontare un lupo e di sconfiggerlo, per fare ciò che non era riuscito a compiere il padre per salvarlo. Lobo non desiderava altro che incontrare un lupo ed ucciderlo, per unire per sempre se stesso ad un lupo, un’anima morta che si libera tramite l’uccisione di un corpo. Morte per morte, quindi, Lobo si era prefissato una regola, che vale per molti lupi, ovvero: tu rovini me, io rovino te. I lupi si basano su questa legge della natura, per questo sono così cattivi. Lobo voleva uccidere un lupo od almeno un cane. Lobo cominciò ad andare in giro alla ricerca di qualche cane a cui fare del male, e così fece. Lobo era una vera bestia, era capace di saltare addosso ad un cane per prenderlo prima a calci e poi era capace di morderlo. Lobo non poteva continuare a vivere in quest’incubo, perché si rendeva conto che per quanto potesse odiare un cane od un lupo, in fondo al suo cuore li amava ancora, solo che si sentiva costretto ad odiarli contro il proprio volere; per vendetta.
L’anima di Lobo era morta, ma non il ricordo del padre che lo aveva sempre con sé. Quando Lobo si batteva con un cane, era perché voleva riscattarsi in qualche modo per ciò che non aveva potuto fare quando furono assaliti in Messico dai lupi. I lupi erano sempre al centro dei pensieri di Lobo, non più come un amore forzato, ma come una passione consolidata da una forza che non sapeva spiegarsi. Lobo voleva sempre battersi con i cani per essere sempre vicino al padre, perché quando Lobo si sentiva solo andava a cercare cani per fare loro del male; perché solo così poteva vedere il padre quando ne aveva bisogno, perché solo la madre non gli bastava giustamente, perché quando vedeva la madre da sola che tornava dal lavoro lui soffriva moltissimo, perché gli faceva contrasto, anche perché se fosse vivo il padre la madre non avrebbe bisogno di lavorare dalla mattina alla sera per mantenere lui. Lobo non riusciva a sopportare tutto questo e si poteva solo sfogare con dei cani innocenti, perché come sono innocenti i cani, senza alcuna colpa lo era anche il padre che si è sacrificato per loro. Innocenza contro innocenza, perché certe volte quando si combatte non conta avere torto o ragione, conta chi prevale nel combattimento.
Lobo aveva scoperto questa legge con la violenza ed era pronto ad usarla per vendicare il padre. Lobo sarebbe stato capace di uccidere senza limite ogni cane che incontrava; provava una forte intolleranza per i cani, solo che ne vedeva uno. Lobo vedeva ogni cane come un nemico da distruggere, un male da sterminare, perché se non aveva fatto male a qualcuno lo avrebbe fatto in seguito. Lobo voleva uccidere i cani per salvare le persone che potevano venire morse, e soprattutto proteggere i bambini che potevano essere sbranati da un cane. Incredibile! Prima Lobo voleva proteggere i cani, li curava, guai a chi faceva loro del male o li abbandonava; ed ora proprio lui li perseguitava. Lobo aveva immagini di lupi nella sua stanza, difatti Lobo aveva attaccato sui muri della sua stanza foto del lupo europeo, lupo bianco dell’Artico e lupo nero canadese e lupo rosso. Ogni lupo era per Lobo un punto di forza, un’immagine da prendere da esempio nell’aggressività e nello sguardo diabolico. Ogni immagine di un lupo, la sola vista riempiva l’anima di Lobo. Lobo stava diventando sempre più forte e più aggressivo, per quanto potesse capitare di incontrare qualcuno più forte di lui fisicamente; Lobo con la sua aggressività era capace di tutto, non temeva avversari di nessun tipo, per quanti muscoli potessero avere, Lobo riusciva a vincere.
Un giorno, Lobo era all’ufficio postale per pagare delle bollette. Lobo pensava alla madre, che poverina se non avesse nemmeno lui come farebbe, non potrebbe fare tutto da sola. Lobo quando pensava alla madre, con tutto che fosse viva piangeva, perché si ricordava di ciò che aveva passato lei a veder il marito sbranato dai lupi, ma in questo sua madre era stata più forte di lui, almeno nell’apparenza. Lobo non riusciva a darsi una spiegazione del perché tanta violenza nel mondo senza spiegazione, ed anche con un senso, che senso ha la violenza che è contro ogni civiltà?
Lobo cominciava a pensare di trovare un posto dove potesse combattere con qualcuno senza correre dei rischi penali, perché cominciava a capire che non poteva combattere contro il proprio destino e che se la sua anima fremeva nel distruggere qualcuno, anche un innocente, non poteva trattenersi all’infinito, perché aveva bisogno sempre di anime a cui fare soffrire, perché più qualcuno soffriva davanti a lui e più lui era contento, non per piacere; ma perché solo così poteva essere felice lui nel vedere qualcuno che soffrisse più di lui gli dava carica e si sentiva meglio pensando che lui era in grado di far soffrire chiunque più di quanto abbia sofferto lui e quindi sentirsi con un potere illimitato.