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Capitolo 27
Ora voglio raccontarvi la storia della santa Maria Goretti, vergine e martire.
Maria Teresa Goretti, o Marietta, come la chiamavano familiarmente i parenti, non è la sola fanciulla che ha preferito soccombere pur di non cedere alle insidie di un esagitato. Quasi quotidianamente la cronaca riferisce fatti di violenza esercitata su inermi ragazze. Il motivo di fondo per cui la chiesa ha voluto additarci l’esempio di questa santa dodicenne non è solo la difesa ad oltranza di una virtù come la purezza, ma tutta la sua vita esemplare, la netta scelta non in ragione dell’onore ma del comandamento divino:
“No, no Dio non vuole; è peccato!” gridò al diciottenne Alessandro Serenelli, che cercava di usarle violenza.
La famiglia Goretti, originaria di Corinaldo, in provincia di Ancona (Italia), spinta dalla necessità era emigrata nell’inospitale Agro Pontino, in località Ferriere di Conca, a 10km da Nettuno/Roma (Italia), verso la fine del secolo scorso. La famigliola, abituata al duro lavoro dei campi, si adattò alla meglio in un vecchio casolare e mentre papà e mamma si recavano nei campi, Maria badava ai quattro fratelli più piccoli di lei. Aveva soltanto dieci anni quando le morì il padre, stroncato dalla malaria. Così mamma Assunta, per poter raggranellare il necessario per vivere, usciva tutto il giorno al lavoro e Maria, che non aveva potuto frequentare le scuole che saltuariamente, ora dovette rinunciarvi del tutto.
Accudiva alla casa e ai fratelli e quando poteva correva alla lontana chiesa per il catechismo; così, a 12 anni, in una domenica di maggio, poté fare la prima comunione.
Era una ragazza molto sviluppata, per la sua età, e perciò l'(attenzione) di Alessandro Serenelli, un inquieto giovanotto. Le sue provocazioni vennero energicamente respinte. Ma Alessandro non desistette. Una mattina, quando mamma Assunta partì per i campi, lasciando sola in casa Maria con la sorellina più piccola (che più tardi si fece suora tra le Francescane missionarie dell’Immacolata), dopo l’ennesimo rifiuto della ragazza, la colpì ripetutamente con un punteruolo. Trasportata all’ospedale di Nettuno, morì il giorno dopo, pronunciando parole di perdono per l’assassino:
“Per amore di Gesù gli perdono e voglio che venga con me in paradiso”. Era il 6 luglio 1902.
Condannato ai lavori forzati, Alessandro Serenelli ottenne il condono dopo 27 anni per buona condotta. Nel 1910 egli disse di aver avuto una visione della piccola martire e da quel momento la sua vita mutò. La madre e i fratelli poterono assistere nel 1950 alla solenne canonizzazione di Marietta, la giovanetta che non si lasciò contaminare dalla malaria del peccato.
Invece Alessandro si chiuse in convento, e riuscì a salvare la sua anima dopo aver scontato la pena. Quivi, è possibile far resuscitare un’anima morta dalla dannazione eterna. Alessandro non fu più ricordato come un mostro, ma come un essere che aveva ritrovato il cammino spirituale seguendo per sempre la parola di Dio. Se invece, Alessandro fosse diventato un mostro in eterno, nulla lo avrebbe più salvato. Questo sta a dimostrare che un’anima dannata, può tornare a vivere nel cammino di Dio. Invece, per esempio per la pedofilia è già più complessa la situazione. Un essere umano a cui sia morta l’anima, non può far altro che esternare il suo dolore sugli altri anche purtroppo in modo violento.