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IL DIVORATORE DI ANIME – CAPITOLO 105

DiPietro Sciandra

Feb 23, 2017

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Capitolo 105

San Martino al Cimino (in foto/Viterbo)-Italia

San Martino al Cimino, 17 maggio 2004

La chiesa spettrale

Chiesa molto fredda, non eccessivamente ospitale, mura grigie. Condizioni pessime del soffitto. Santa che tiene in mano un crocifisso di legno rotto. Crocifisso del tiburio con sagoma di Gesù, costato destro ferito con segno di lancia.

Il crocifisso in legno non mi reca alcuna paura, perché deve essere per forza d’oro per rappresentare Dio e il suo potere; almeno su di me.

Il vero potere di Dio è rappresentato dallo stupore dell’oro e la meraviglia, perché l’oro è l’elemento più puro per rappresentare lo spirito più puro, la ricchezza non solo come lusso, ma anche come potenza. Dio rappresenta l’amore per scelta e non per costrizione, liberare ogni anima con il potere di Dio.

Io mi rivolgo al crocifisso, con Gesù oramai morto e con gli occhi chiusi:

Tu sei morto oramai, ma tornerai a vivere in eterno. Io, invece devo morire tante volte per ritornare a vivere, sarò maledetto e condannato a morire in eterno senza trovare mai pace, perché tu con il tuo sacrificio hai trovato la morte.

Io invece ho trovato la morte con il sacrificio. Per quanto diversi, io e te, dobbiamo rappresentare la nostra immagine, io la mia e tu la tua; altrimenti non ci sarebbe vita.

Io non ho scelto come essere, tu invece sapevi come saresti diventato. Io e te siamo propensi al sacrificio, tu per scelta ed io no.

L’oro rappresenta il tuo vero potere, sai che puoi sconfiggermi solo così; perché non temo l’acqua santa, il tuo crocifisso di legno, l’ostia non mi fa paura. Sai che puoi imprigionarmi solo con il contatto dell’oro, perché il mio spirito deve essere prigioniero nel mio corpo per tenermi a bada.

La mia immortalità è ben diversa dalla tua; perché io sono immortale con il mio spirito maligno e devo cambiare corpo; tu invece sei immortale con il tuo spirito santo e sarai ricordato sempre con lo stesso corpo e quindi la stessa immagine. Io sono costretto sempre a nascondermi tra i tuoi figli, soffrire, cambiare identità e dimenticare chi ero ma non ciò che ero. La mia immortalità è sofferenza senza volto, tu invece hai sofferto ma solo con il tuo volto; io invece devo soffrire per sempre cambiando sempre volto senza avere identità, essendo un’entità senza volto; perché il diavolo rappresenta il male assoluto senza volto, tu invece rappresenti il bene assoluto con il tuo volto.

Tu sei immortale con la stessa immagine, io invece sono immortale solo con lo spirito ed essendo e rappresentando il nulla, tu invece sei tutto.

Più diversi di come siamo è impossibile, se penso che eravamo una cosa sola, ed ora ognuno è per la sua strada ed essendo tuttavia così diverse siamo costretti ad incontrarci e fronteggiarci per l’eternità.

Il mio distacco era il solo modo per salvare la mia anima, allontanandomi con lo spirito da te, la mia anima è morta e sono costretto a rappresentare le tenebre per sempre, perché devo stare per forza lontano dalla tua luce e soffrire.

Ho notato in questa chiesa un’immagine che raffigura Cristo a braccia mezze distese, un angelo raccoglie il sangue del costato in un recipiente d’oro, il Santo Graal.

Vedendo questa immagine, penso di dover cercare il Santo Graal, unica salvezza per far resuscitare la mia anima. Io sono dannato perché con il mio distacco faccio soffrire te, e per non soffrire io; devi rimetterci per forza tu, prendendoti le mie colpe. So che mi perdoneresti, ma non posso tornare da te; perché io soffrirei sempre di più e non potremmo mai tornare come prima, almeno credo che sia così. Il distacco salva veramente l’anima? Per non soffrire bisogna allontanarsi spiritualmente da una persona, è vero questo?

Dovrei sentirmi in colpa per averti amato troppo? Perché proprio io tutto questo?

Il mio cuore è veramente forte come credevi che avrebbe rappresentato la morte dell’anima e vagare per sempre senza trovare mai pace. Nemmeno la morte può darmi la pace, perché non penso che anima e corpo possano morire insieme. Entrambi sono due morti distinte, ed ai più sfortunati l’anima non muore mai insieme al corpo.”

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Dir. artistica Emanuela Petroni
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