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Gabriele Mauro. Con affetto

DiPaul Polidori

Ott 25, 2024

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Vecchie cartoline illustrate con vasi di fiori, sulle quali si concentrano minimi e inattesi
interventi pittorici, e calendari-souvenir, che rinnovano di anno in anno la citazione della
stessa immagine presa dalla storia dell’arte, sono gli elementi intorno ai quali si costruisce la
mostra personale “Con affetto” di Gabriele Mauro a Casa Vuota a Roma, ospitata nello spazio
espositivo di via Maia 12 al Quadraro dal 26 ottobre 2024 al 5 gennaio 2025. La mostra, curata da
Francesco Paolo Del Re e Sabino de Nichilo e accompagnata da un testo critico di Franco Speroni,
si inaugura sabato 26 ottobre dalle ore 18 alle 21 e si può visitare, dopo l’inaugurazione, prenotando
un appuntamento ai numeri 3928918793 o 3284615638 oppure all’email vuotacasa@gmail.com .
Nelle stanze dell’appartamento-galleria vengono presentate due serie di opere a cui l’artista
sta lavorando da molti anni: “Con affetto”, un work in progress realizzato dal 2021 al 2024 – qui
esposto per la prima volta – che si compone di tracce di pittura acrilica su cartoline postali che
spaziano dai primi del Novecento agli anni Ottanta, e “Biennio”, un’installazione formata da sette
calendari che coprono un lasso di tempo dal 2019 al 2025.
Raccontano Francesco Paolo Del Re e Sabino de Nichilo: «In un panorama di immagini
note, quasi banali e rassicuranti e di rapporti temporali da ponderare e calibrare, il ritmo di
ripetizioni e variazioni minime ma significative che Gabriele Mauro imprime alle sue opere
misura le presenze e le assenze dei fantasmi che abitano Casa Vuota. Le opere di Mauro sono
ripensate in modo site specific per lo spazio espositivo domestico, entrando in dialogo con le tracce
visibili sulla carta da parati dell’appartamento dismesso, che restano come fossili a testimonianza
della vita che in queste stanze è passata come un fiume ora secco. Lo sgombero di mobili e di
quadri ha impresso sulle pareti l’impronta di un vuoto, la percezione di un’assenza che il tempo
rende via via più vaga ma non meno saliente. Con queste reminiscenze fantasmatiche Gabriele
Mauro si confronta attentamente, con tutta la precisione acuta di cui la sua arte è capace,
proponendo una rilettura originale degli spazi dell’abitare che si dilatano non in senso fisico ma
concettuale».
Spiega l’artista: «Ho provato a organizzare l’installazione rispettando la natura dello spazio,
in modo che lo spettatore viva l’opera e l’ambiente contemporaneamente e che questi si valorizzino
a vicenda». Si parte dalle composizioni di cartoline del ciclo “Con affetto”, che dà il titolo alla
mostra, che occupano le pareti in modo speculare rispetto ai segni che su di esse si leggono, in
uno schema preciso di ribaltamenti tra pieni e vuoti. Così Gabriele Mauro racconta il suo
metodo di lavoro e l’idea che sta dietro queste opere: «Solitamente tendiamo a staccare il colore
secco che si forma alla spremitura del tubetto di colore, ma se ci fermiamo a guardarlo, possiamo
rintracciare in esso la sagoma di un fiore. Grazie a questa osservazione è nata “Con affetto”,
un’opera che vuole raccontare il rapporto con gli oggetti e con il tempo. Un gioco di abbinamenti
di fiori, un’estetica vintage, di cartoline d’epoca utilizzate per auguri di compleanno e
onomastici abbinate a un gusto industriale, che è riuscito a creare un ludico cortocircuito nel
tempo, per esaltare la fisicità del soggetto».
Annota Franco Speroni nel suo testo critico: «Esposte assemblate in gruppi, incorniciati dal
vuoto eloquente delle pareti della casa, le cartoline creano ora macchie colorate, dove cercare la
“propria”, quella che sceglie chi la guarda, perché crea una relazione affettiva seppur effimera,
riproponendo così il senso di quell’operazione più vasta che è l’arredare: assemblare cose, tanto
ovvie nel loro significato funzionale quanto è oscura la forza fantasmagorica sentita da chi le ha
volute. Sulle cartoline, i dettagli dei vasi decorati, come le forme dei fiori, vanno cercati con la
“lente” per cogliere la differenza attraente nell’apparente ripetizione, come ha fatto lo stesso autore che ha interagito con esse, apponendovi una sorta di piccolo sigillo pittorico – macchie di colore
essiccato – che si mimetizzano con i fiori della stampa».
I calendari dell’installazione “Biennio”, invece, hanno per Speroni la qualità di
ribadire «il modo in cui l’autore fa parlare lo spazio arredandolo, rendendolo un luogo di
presenze e di attese». Sulla prima pagina di ciascun calendario campeggia una riproduzione
fotografica della celeberrima “Velata” di Raffaello, il ritratto di donna conservato a Palazzo Pitti a
Firenze. «I calendari – prosegue Franco Speroni – presentano minime differenze di tono nel colore
in cui “La Velata” è stata riprodotta industrialmente ma la differenza ancora più sensibile si
nasconde all’interno. Sigillati nella loro confezione, i calendari contengono tutti il massimo
della ripetizione, cioè la successione del tempo cronologico, ma ogni data è stata, e
potenzialmente potrà essere, un evento per ciascuno diverso».
Questa la conclusione a cui arriva il testo critico di Speroni: «Vicini nella differenza, le
cartoline, come i calendari sono quindi scrigni di segni che sollecitano nel pensiero forze che non
sono quelle del riconoscimento basato su un fondamento comune che si deve ribadire, per essere
valido. Un messaggio spontaneo, implicitamente “politico”, si manifesta invece nella cura di questa
dimensione privata e crepuscolare».
In ultima analisi, le domande – su cosa si vede e su cosa si è – trovano nello spazio
domestico di Casa Vuota un luogo ideale dove essere formulate, evidenziando i meccanismi di
costruzione delle identità individuali e sociali che investono nel profondo ciascuno di noi.
«La creatività che è nella mia mente – conclude l’artista – è sollecitata dal tessuto sociale in
cui viviamo. Le modalità di ricezione delle immagini nei nostri giorni, l’idea di arte come
costruzione di forme e di pensiero, la differenza e ripetizione come insieme e incontro di
rapporti temporali, sono gli elementi che mi permettono di creare un mondo immaginario, mi
rimandano a un altrove, mi permettono di avere uno sguardo volto alla sensibilità visiva, nel
senso di esperienza. Perché dobbiamo interrogarci su cosa vediamo per capire cosa siamo».
Gabriele Mauro è nato ad Aradeo (Lecce) nel 1991. Ha studiato Arti visive e Nuovi
Linguaggi Espressivi all’Accademia di Belle Arti di Firenze, la città dove vive e lavora. La sua
ricerca esplora le immagini e la loro riproduzione; la loro diffusione e la loro interpretazione e
ricezione. La sua pratica artistica è rivolta al disegno ed all’installazione, dimostrando interesse
anche per il campo fotografico, scultoreo e video. Nel 2019 tiene la mostra personale “Ora et
labora, ORO” al Museo del Novecento di Firenze con la direzione artistica di Sergio Risaliti. Del
2017 è la personale “Turista per sempre” alla Galleria Gallerati di Roma a cura di Franco Speroni.
Nel 2015 presenta la personale “Senso Plurimo 6, E mi sento l’amico perfetto di una perfetta
amica” ai Cantieri teatrali Koreja di Lecce a cura di Marinilde Giannandrea. Tra le mostre collettive
più recenti, si segnalano nel 2023 “Non rimane che volare | generazione a confronto 1988-1999” a
Osservatorio Futura di Torino a cura di Giuseppe Amedeo Arnesano, Francesca Disconzi e Federico
Palumbo, nel 2022 “Meta_Fair #2 Moving with_in the complex: independent curating” a Co_Atto a
Milano a cura di Spazio Su, nel 2021 “Primo Vere” alla Galleria Santo Ficara di Firenze a cura di
Sergio Risaliti, nel 2020 “Un’opera per la libertà” al Museo Novecento di Firenze e “Portafortuna”
alla Manifattura Tabacchi di Firenze a cura di Toast Project Space, nel 2019 “Arte dei Luoghi,
Polyphonic Space” al Palazzo Grassi di Aradeo a cura di Marco Petroni.
INFORMAZIONI TECNICHE:
TITOLO DELLA MOSTRA: Con affetto
ARTISTA: Gabriele Mauro
LUOGO: Casa Vuota – Roma, via Maia 12, int. 4A
QUANDO: dal 26 ottobre 2024 al 5 gennaio 2025
ORARI: visitabile su appuntamento
VERNISSAGE: 26 ottobre 2024 orari: 18-21)
INFORMAZIONI: cell. 392.8918793 – 328.4615638 | email vuotacasa@gmail.com | INGRESSO GRATUITO

Gabriele Mauro ha una spontanea inclinazione per uno sguardo socio-antropologico sui reperti
della vita quotidiana, con i quali crea ambienti evocativi, permeabili allo scambio tra interno ed
esterno
“Affetto”, che dà il titolo alla mostra, è una parola che significa “fare qualcosa per”. Esprime un
sentimento di attaccamento verso qualcosa o qualcuno ma che rimane nell’ambito del sensibile
non codificabile. Può sottintendere ragioni profonde che restano però insondabili dentro la parola
stessa, usata quale commiato nella maggior parte delle cartoline che formano una delle opere
esposte. Scritte, per lo più, in occasione di compleanni ed onomastici, sono state cercate e
collezionate da Gabriele; tutte caratterizzate dalla ripetizione differente di uno stesso tema: un
vaso di fiori che sembra preso da un salotto di Guido Gozzano.
Le cartoline – adesso oggetto vintage – sono state il veicolo di connessioni private attraverso uno
spazio già pubblico. Messaggi visuali e scritti leggibili da tutti (al contrario delle lettere custodi di
una comunicazione riservata), che però mantenevano (nel testo come nell’immagine) qualcosa di
implicito non disponibile alla comprensione di tutti, se non nell’aspetto più ovvio – ripetitivo – e
quindi meno capace di significato. Capaci, invece, di trasformare un bene comune – un
paesaggio, una cosa qualsiasi, una frase – in un messaggio destinato, ma per i più vago, le
cartoline hanno sviluppato l’essenza della “natura morta”: la prima forma d’arte, non a caso,
vocazionalmente d’arredo, in cui anche un’allusione teorica generale (vanità, senso della fine…)
diventava percezione soggettiva, per cui tutto può risuonare in maniera differente dentro chi
guarda e lì generare quella differenza che costituisce l’esperienza del nuovo.
Esposte assemblate in gruppi, incorniciati dal vuoto eloquente delle pareti della casa, le cartoline
creano ora macchie colorate, dove cercare la “propria”, quella che sceglie chi la guarda, perché
crea una relazione affettiva seppur effimera, riproponendo così il senso di quell’operazione più
vasta che è l’arredare: assemblare cose, tanto ovvie nel loro significato funzionale quanto è
oscura la forza fantasmagorica sentita da chi le ha volute. Sulle cartoline, i dettagli dei vasi
decorati, come le forme dei fiori, vanno cercati con la “lente” per cogliere la differenza attraente
nell’apparente ripetizione, come ha fatto lo stesso autore che ha interagito con esse, apponendovi
una sorta di piccolo sigillo pittorico – macchie di colore essiccato – che si mimetizzano con i fiori
della stampa.
Biennio, titolo dell’installazione di sette calendari dal 2019 al 2025, è uno work in progress
costituito anche dal calendario dell’anno ancora da venire. Ribadisce il modo in cui l’autore fa
parlare lo spazio arredandolo, rendendolo un luogo di presenze e di attese. La Velata di Raffaello
di Palazzo Pitti, su tutte le copertine, è un ritratto diventato un “monumento” della storia dell’arte,
avvolto in un’aura anche per chi non ha la sapienza specialistica di ciò che significa quel genere di
ritratto, né dell’occasione in cui fu dipinto, né del personaggio. Ma non c’è nessun conflitto
sottinteso tra immagine auratica e sua riproducibilità consumistica, poiché è l’esperienza che
facciamo delle cose – persino del “monumento” stereotipato – che può essere inedita e quindi
capace di produrre differenza. L’esperienza della differenza non ha canoni. Il nuovo in quanto tale,
infatti, non può avere uno statuto già stabilito. É evento relazionale. I calendari presentano minime
differenze di tono nel colore in cui La Velata è stata riprodotta industrialmente ma la differenza
ancora più sensibile si nasconde all’interno. Sigillati nella loro confezione, i calendari contengono
tutti il massimo della ripetizione, cioè la successione del tempo cronologico, ma ogni data è stata,
e potenzialmente potrà essere, un evento per ciascuno diverso.
Vicini nella differenza, le cartoline, come i calendari sono quindi scrigni di segni che sollecitano nel
pensiero forze che non sono quelle del riconoscimento basato su un fondamento comune che si
deve ribadire, per essere valido. Un messaggio spontaneo, implicitamente “politico”, si manifesta
invece nella cura di questa dimensione privata e crepuscolare: è la condivisione di una terra
incognita mai riconosciuta né riconoscibile il luogo dove abitare, solo con affetto.

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Dir. artistica Emanuela Petroni
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