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Dove finiscono i tuoi torti cominciano le mie ragioni

DiVittorio Banda

Dic 21, 2015

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Dove finiscono i tuoi torti cominciano le mie ragioni

La scena: Una lampada abatjour, un divano biposto, un tappeto, due mobili da soggiorno, un tavolo

con una foto del matrimonio nella cornice d’argento, un mini impianto stereo acceso con la canzone

“Parole,parole,parole.” cantata da Mina e da Alberto Lupo . Dopo il recitato di Alberto Lupo la

musica sfuma. La luce della lampada proiettata sul tappeto quasi ad indicare lo stato della donna che con la testa tra le mani e col capo chino a pensare osserva la luce che si è dileguata dalla sua

anima….

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Eccomi da sola nell’abbandono senzanemmeno la speranza del perdono, tutti i miei sogni, le aspirazioni si sono dissolti e non esistono più . Continuo a cercare nella mia mente il bandolo della matassa che mi aiuti a capire dove e quando ho sbagliato con Luigi che se ne è andato dicendomi che ho torto su tutti i fronti, ma io ancora non riesco a capire quali siano questi miei torti.

Ho avuto torto perchè l’ho amato donandogli tutta me stessa ?

Ho avuto torto perchè desideravo essere madre ?

Ho avuto torto perchè volevo che fossimo una cosa sola ?

Ho avuto torto nel domandare che fossimo fedeli l’uno all’altra ?

Ho avuto torto nel cercare ostinatamente il dialogo tra di noi ?

Siamo stati insieme per cinque anni e lui mi ha lasciata con questa frase sibillina : “Dove finiscono i tuoi torti cominciano le mie ragioni ! “. Allora, secondo lui, tutti i torti sono miei e le ragioni sono solo sue ? Questo è tremendo ! Ricordo che spesso ho tentato disperatamente di parlare con lui, ma inutilmente perchè lui seguitava a chattare con lo smartphone, con il suo amico Federico mi diceva, salvo che poi ho scoperto che si trattava di Federica una bionda con la quale mi tradiva, tutte le parole erano per lei, per me non ne esisteva nessuna.

Sognavo un amore puro senza finzioni, libero da ogni costrizione ed invece le mie parole erano

come farfalle che cadevano sotto il gelido soffio del vento della incomunicabilità. Perchè dicevo a me stessa non riesco a farmi sentire, non appena iniziavo a parlare, lui subito scappava dicendomi che doveva vedersi con gli amici per una partita a calcetto.

Una barriera invisibile si era elevata tra noi, io cercavo disperatamente di abbatterla, ma lui non faceva nulla per aiutarmi, anzi ne ergeva delle altre.

Ho cercato aiuto parlando con mia suocera ma lei mi ha detto di diminuire la pressione di lasciarlo respirare e di non opprimerlo.Poi , mi diceva, lo sai che agli uomini, ogni tanto, piace intingere il biscotto in altre tazze, l’importante è che ritornino a casa.Questo significa essere tolleranti e questo aiuta a conservare il proprio matrimonio.Evidentemente, anche per lei avevo torto.

Alcune amiche con le quali mi sono confidata mi hanno detto lapidariamente: “Vivi e lascia vivere ! “.Mi domando se questo è veramente vivere ?

Ditemi lor signori se ho torto o ragione ? So che ognuno di voi ha già nella sua mente il giudizio già confezionato, siamo bravi ad esprimere i nostri giudizi anche se non siamo in possesso di tutti gli elementi per poterlo fare.Siamo pronti tutti a giudicare ed io, sono sicura che nella vostra mente avete il vostro giudizio, diverso l’uno dall’altro ma pronto a giustificare ed a condannare.

Siamo veramente quel che siamo o solo quello che crediamo di essere? Agli occhi di quelli che ci incontrano siamo “diversi” da come noi ci sentiamo di essere.Siamo come le facce di un cristallo poliedrico che a seconda della esposizione alla luce mostra un diverso splendore.

Siamo e non siamo, è questo dunque il nostro atroce destino ? O siamo solo l’espressione del caso che ci ha plasmato secondo un disegno bizzarro tale da indurci a pensare ad una univocità che in realtà è una pluralità reale ma offuscata dalla virtuale consapevolezza della nostra effimera univocità. Ci sentiamo, a volte, inadeguati al ruolo che il palcoscenico del mondo ci chiede di recitare.

La natura ci ha fatto grandi attori, ma preferiamo ricoprire il ruolo di comparse, per non essere notati dagli occhi attenti della umanità.

Quante crudeltà cela questa rappresentazione ! Solo la piena consapevolezza della vanità del tutto ci può aiutare ad essere veri attori, compiacendo il regista che nascostamente dirige questo infinito spettacolo che non avrà mai fine.

In questo palcoscenico, spesso, mi sono chiesta : Chi sono io ? Non mi sono venute alla mente delle risposte, ma tutta una serie di interrogativi che si susseguivanocome dei file aperti dal mouse della mia curiosa introspezione :

Ma tu chi sei, spesso mi sono chiesto di me stessa !

Lo sfogo di una risata incompiuta o il postumo di una abbondante bevuta?

Una foglia agitata dal vento o il saio steso ad asciugare in un convento?

Una primavera abortita dal soffio del vento della vita ?

Il lascito di un padre avaro o il balbettio stupido dell’ignaro?

Il suono stonato di un vecchio pianoforte le cui note evocano la morte?

La speranza uccisa dal terrore o colei che ha sperato invano nell’amore?

L’incedere di un passo timoroso o il goffo imbarazzo di un novella sposa?

La confusione che ha trovato un ordine confuso o lo scarto drammatico

di un refuso?

L’alba che si tinge di colori stinti o lo spirito domo dei vinti?

Sei l’opera che non è stata mai raccontata o il mancato colpo di bacchetta di una fata?

Una blasfema alchimia abbandonata dal suo stregone od il sogno svanito nella visione?

E’ facile dire tutto ciò che non sono stata rispetto a quello che avrei voluto essere diventata.

Una donna è certo, questo lo sono ! ed è già di per se stesso un grande dono.

L’essere ed il divenire sono in continua guerra, ma non importa purchè io calchi la terra !

Sono una donna e questo mi basta, una donna che non chinerà mai la testa di fronte alla stupidità ed alla ipocrisia.

E’ questa la natura mia !

Si sono una donna ma prima di diventarlo sono stata una bambina troppo presto rimasta orfana di mia madre che adoravo e che in questo momento avrei voluto vicina, perchè, ne sono convinta, che solo da lei avrei avuto la corretta spiegazione di tutto quello che mi sta accadendo e che mi sta distruggendo. Solo nel dolce ricordo riesco a dialogare con lei:

 

Mamma, ti ricordi quando da piccola ti dicevo che avrei voluto essere un

gabbiano, si uno di quei gabbiani che noi vedevamo volare sopra il mare durante le nostre passeggiate sulla spiaggia.

Ero affascinata dal loro volteggiare e con il dito ti indicavo quelli che man mano si libravano dagli scogli verso il mare aperto.

Tu sorridevi e mi accarezzavi i capelli, io seguitavo, rassicurata dalla tua

carezza, a guardarli e ad immaginarmi al loro posto chiudendo gli occhi e pensando ai mille riflessi prodotti dal sole sull’acqua del mare che essi

ammiravano.

Pensavo è questo il senso della vita, anche io da grande dovrò librarmi dallo scoglio della mia esistenza verso il mare aperto della vita.

Quando sono diventata grande, lo sai, l’ho fatto e sono andata a vivere da sola la mia vita, lasciando la casa che mi aveva vista nascere spinta dal richiamo del mare della vita.

Poi, lo sai, mi ero illusa di avere trovato l’amore ed in quel momento la

mia casa mi è sembrata la nostra casa.

Questa è la gioia che avevo provata, ma poi quello che avevo pensato fosse l’amore, si è sciolto come neve al sole lasciandomi sola in quella casa che non è più la mia casa.

Il pensiero subito ha rievocato nella mia mente il gabbiano ed ho pensato che anche esso nel suo volo si allontana dal suo nido e che certe volte si spinge per l’anelito di libertà oltre le sue forze raggiungendo un punto di non ritorno dal quale cerca invano di ritornare al suo nido, ma

la lontananza ed il vento spesso contrario lo abbattono stremato sulla

superficie del mare, dove dibattendosi, per qualche istante, trova la sua

dolorosa morte.

Anche io, mamma, mi sono spinta nel mare della vita per l’anelito di

libertà verso un punto di non ritorno.

Invoco la tua mano che possa tendersi verso di me per guidare il mio volo verso casa, quella vera dove vi era una famiglia piena d’amore, ma tu non ci sei più e quella casa ormai è vuota.

Le mie ali sono state tarpate dal vento della vita e non sono più capace di volare, mi dibatto stanca ed i bagliori che appaiono sull’acqua

prodotti dal sole della vita mi lasciano insensibile e mi rattristano profondamente.

Mamma, voglio dedicarti l’ultimo mio alito di vita pensando alle tue dolci carezze sui miei capelli biondi, quella sarà l’ultima immagine che porterò nel cuore, quando avrò dato l’estremo battito delle mie ali ed esalato l’ultimo respiro.

Adesso che sono stata usata e posseduta non riesco a sentire più nulla di mio nella vita, solo le lacrime mi appartengono e nessuno, ne sono certa, ne rivendicherà il possesso, esse sono mie, soltanto mie e per sempre mi apparterranno !

 

Vittorio Banda

 

 

Pavia li 09.12.2015

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