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Antonella Mira Spanò
opera: “Calle e Galli” – 2015, acrilico e pennarelli su tavola, cm 85 x 65
Figlia d’arte come Domenico Antonio Tripodi o Francesco Toraldo, anch’essi pittori calabresi, Antonella Mira Spanò vive a San Pietro a Maida in Calabria – terra fertile di grandi letterati come Talete e forse (calabrese) Pitagora, terra fertile di armoniose voci come quelle di Rino Gaetano e Mia Martini, di grandi patrioti come Florestano Pepe e i Fratelli Bandiera e di grandi firme della moda come Gianni Versace, ma anche di noti attori come Ninetto Davoli -, dove veste di colorazione genuina, dagli accenti accesi, talvolta garrenti come vele al vento, il fondamento espressivo di dipinti in cui la realtà costituisce soltanto un punto di inizio per un libero e audace viatico interpretativo dotato di una propria armonia spirituale interna – a dirlo è il critico d’arte Paolo Battaglia La Terra Borgese – . La pittrice guarda alle lezioni di Braque e Picasso mentre l’artista anela a diventare una vita libera con la sua pittura, a scrollarsi di dosso le problematiche della vita, e amalgama abilmente la tecnica pittorica con la sua cultura personale, dimostrando una maestria che raramente si rivela con simile efficacia nella creatività di chi opera da autodidatta.
La spiritualità è presente sia nel simbolismo che nell’orientamento filosofico dei dipinti di Mira Spanò. La pittrice crea con la stessa purezza dei suoi colori, libera da pregiudizi, mirando esclusivamente su un intimo riconoscimento scevro da ogni velleità di titoli che non cerca. Quasi volesse perfezionare sé stessa dipinge per sentire meglio e mai per proporre quell’artista che di fatto è già divenuta.
È arduo dire se il sistema comunicativo di Mira Spanò privilegi la rappresentazione schematica oppure quella delle atmosfere e dei contorni. Certamente un primo studio deve avanzare basilarmente dall’impianto filosofico e contenutistico per poi procedere verso quello della critica estetica. In questa logica Mira Spanò è anzitutto maestra del codice, del simbolo, e propone la sua pittura come mediazione che attraverso l’insieme delle schermate astratte si fa comunicazione per rappresentare con gli stessi effetti dell’efficacia antropomorfica l’essenza divina. A conciliare la realizzazione pittorica di questi particolari aspetti filosofici ed esoterici intervengono la notte e il silenzio, compagne di pittura dell’artista.
Mira Spanò attinge dalla Tradizione il livello animico che figura con acrilici e smalti per spingere ed elevare a percezioni molto più profonde, dirette ai sentimenti, alla fantasia, alla psiche ed alle energie sottili. Ha conquistato la libertà totale da ogni forma imitativa, nel tentativo di abolire il contenuto ed esprimere le emozioni solo attraverso la forma e il colore. Si evince bene tutto questo in “Calle e Galli”, blu e rossi di acrilico e pennarelli, stesi su una tavola di 85×65 centimetri, inneggiano alla cresta del gallo, creatura simbolo della rinascita, esso è impronta della immanenza di una perfetta volontà creatrice perennemente presente e vigile sull’indiviso Universo. Colori forti che narrano la simbologia positiva e solare del gallo, significata dalla sua peculiarità di annunziare il sopraggiungere del nuovo giorno, così secondo Mira Spanò, come i mitografi rinascimentali, il gallo è sacro ad alcune divinità solari quali Apollo, in quanto annuncia la mattina e il conseguente sorgere del sole. I blu ancestrale, celestiale e ineffabile del fondo dallo stacco netto accompagna inoltre a Mercurio, protettore dei mercanti, e a Marte, dio della guerra, poiché è stato considerato anche simbolo della vigilanza, una virtù ritenuta indispensabile sia per i mercanti che per soldati. Raccontata nell’opera con lo schiarire dei colori che scacciano le tenebre nella parte centrale del dipinto è la dottrina cristiana che considera l’animale immagine del potere della luce, il gallo dunque veglia nelle ore di oscurità e annuncia la luce di Cristo che sorge a Oriente. Per questo motivo una sua effige è posta qui come già sulle chiese romaniche rappresentate nel quadro da motivi architettonici. Anche se a prima vista ci potrebbe sembrare un semplice appiglio, il superamento dell’oggetto da parte di Mira Spanò, con la scelta dei colori per esprimere taluni concetti in questo dipinto, si sintetizza nelle tinte molto ricche di spunti e di riflessioni e rivelano un deciso criterio di astrazione concettuale ed una fortissima sintesi formale del dato reale. La figura del gallo allude infatti, ed inoltre, alla Passione di Gesù riassunta con un rosso immateriale dominante astratto dalle ciliegie, frutti che rimandano a questo concetto.
Con la ricerca di contrasti campiti la pittrice pronuncia efficacemente un contatto tra cielo e terra e ricollega il fondo al resto. Intervengono pennellate decise di colori prevalentemente puliti in tutta l’opera ad esprimere la purezza, altro tema fondamentale della tavola, raccolta poi simbolicamente con testimonianza e prova concreta nelle calle dipinte anacronisticamente.