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British Open 2016: Royal Troon Golf Club
A cura di El Tigre
Il 19 maggio 1978, Sua Maestà la regina Elisabetta II ha “nobilitato” Troon, che è diventato così il Royal Troon Golf Club.
Una vera consacrazione per un percorso che nel 1923 aveva fatto il suo ingresso in un clan estremamente esclusivo: quello dei golf qualificati per ospitare i campionati Open di Gran Bretagna: l’Open per eccellenza.
L’undicesima edizione della messa solenne che si tiene ogni anno e alla quale partecipano tutti i golfisti del mondo, dai più famosi ai più modesti, ebbe luogo a Troon nel luglio del 1982.
Il primo vincitore dell’Open su questo percorso fu, nel 1923, A.G.Q. Havers, che totalizzò un punteggio finale di 295, davanti al leggendario Walter Hagen. Il primo premio consisteva, allora, in cento sterline.
L’ultimo campione di Troon è stato Tom Watson nel 1982.
Da un soggiorno nei luoghi di questo rito, da una sfida personale contro il vento, dalle dune, dalle ginestre, si riporta l’impressione che il Royal Troon sia diventato, con il declassamento di Carnoustie, il links più temibile di tutti quelli dove si gioca l’Open.
Il motto del Royal Troon Golf Club è, del resto: “tam arte quam morte”, che i latinisti tradurranno con “in arte come in guerra”.
I detrattori del Troon sostengono che vi si fanno 6 buche in un senso, un piccolo giro in fondo alle dune e 6 buche nell’altro senso. Di fatto, il percorso si estende su una striscia di terra e sabbia estremamente stretta, quasi in faccia al vento che soffia da sud-ovest.
Dalla 1 alla 6 le buche si susseguono una dopo l’altra lungo il mare, il più delle volte controvento. Dalla 13 alla 18, si fa il percorso inverso dal lato di terra con il vento sulla destra. Dalla 7 alla 12 il percorso ostenta una curva fatale a parecchie ambizioni.
Prima di esaminare buca per buca questo tragitto di gloria o di disperazione, bisogna dire che la sede di Troon, come si conviene a un grande percorso, è molto spettacolare.
L’organizzazione del campionato richiede la collocazione di enormi tribune metalliche, con una capienza di 7500 spettatori seduti, che non donano certo alla bellezza del luogo. Per facilitare l’afflusso dell’enorme folla che si riversa a Troon per l’Open, i responsabili del Royal and Ancient hanno imposto al club di tracciare le piste tra le ginestre, a scapito dei soci.
Infine, due caratteristiche generali: l’estrema ristrettezza dei fairways e la dimensione relativamente ridotta dei greens. Un altro modo per dire che la precisione viene premiata.
Qualche buca al microscopio:
buca numero 8: “Postage Stamp”, par 3 di 113m. Questa buca è senza dubbio la buca più famosa con il tee più elevato, e quindi la più esposta ai venti di tutto il percorso. Bisogna abbordare un green che non appare certo più grande di un francobollo, altrimenti si rischia davvero di giocare a ping pong, cioè di uscire da un bunker enorme per rientrare in un altro che non è da meno. Ce ne sono cinque che hanno oltre tre metri di profondità.
Con questo gioco, nel 1973 un professionista tedesco totalizzò un 14. Ma Gene Sarazen vi realizzò un giorno una buca con un tiro solo e il giorno dopo un birdie in uscita dal bunker, ricoprendo la buca con il suo cappello.
Buca numero 11: “The Railway”, par 4 di 385m. Lungo dog leg sulla destra, delimitato dalla ferrovia, a destra di un fairway cieco dopo il tee. Un drive “lascato” a destra finirà sui binari, ma chi tira troppo a sinistra si troverà sui fitti cespugli di ginestre. Quest’ultimo caso che valse un 10 a Jack Nicklaus. Un unico bunker a sinistra del green, in caso di vento, sarà molto penalizzante.
Buca numero 13: “Burmah”, par 4 di 376m. Questa buca è molto complessa anche con il vento al traverso di spalle. Nel 1973, vi si registrò il numero minimo di birdies. Il fairway, molto stretto, è fortemente ondulato e il green, in salita, è molto accentuato.
Buca numero 15: “Crosbie”, par 4 di 407m. Ecco un’altra buca celebre per le fantastiche ondulazioni del fairway, lontana dal drive dei professionisti. Il terreno di tipo lunare è dovuto alla presenza di una miniera di carbone, le cui gallerie si estendono fin sotto il percorso. Queste ondulazioni, del resto, diventano ogni anno più profonde. Il green è delimitato a sinistra da una collinetta, fiancheggiata da un profondo bunker.
Buca numero 18: “Craigend”, par 4 di 342m. Buca piatta e diritta, adatta alla marcia trionfale del futuro vincitore. Ma la via è ben stretta per il drive fra tre bunkers e il green è paurosamente difeso, in particolare dai due bunkers profondi che si trovano sul davanti. In fondo a questo diciottesimo green, un “ostacolo inamovibile”, costruito per sfidare il tempo e le intemperie: la club house del Royal Troon Golf Club. I vetri delle finestre del grande salone, tre metri dietro il green, sono a prova di palle da golf.
British Open 2016: Royal Troon Golf Club/Glasgow (Gran Bretagna).
I giocatori a non aver superato “il taglio” sono 74, tra cui nomi molto importanti; il sudafricano Ernie Els, gli americani Mark Calcavecchia e Justin Leonard, il figiano Vijay Singh, l’italiano Matteo Manassero, il thailandese Kiradech Aphibarnrat, il sud coreano Sang-hee Lee, l’irlandese Shane Lowry, il giapponese Hideki Matsuyama, l’indimenticabile americano John Daly, l’inglese Paul Casey, l’italiano Stefano Mazzoli, il sudafricano Louis Oosthuizen, il neozelandese Danny Lee, lo scozzese leggendario Sandy Lyle e l’americano David Duval che quest’ultimo ha concluso un solo giro in 82 e poi egli abbandonò il torneo.
Invece, gli 81 giocatori che hanno giocato tutti e quattro i giri del torneo hanno tra di loro l’indiano Anirban Lahiri al 68° posto con +12 296. 78° posto con +17 301 per lo scozzese Colin Montgomerie che fu tanti anni fa un grande rivale dell’inglese Nick Faldo. Il gallese Jamie Donaldson al 72° posto con +13 297. L’americano che fu addirittura compagno di squadra in coppa del mondo con Tiger Woods; ovvero Mark O’Meara che è 63° con +10 294 e grande rivale del giocatore dello Zimbabwe Nick Price. L’inglese Luke Donald è 43° con +5 289, insieme all’australiano Adam Scott. Fantastico l’italiano Francesco Molinari che è 36° con +3 287, che è fratello di Edoardo Molinari anche egli golfista. Da non dimenticare l’irlandese Padraig Harrington alla pari con Francesco Molinari. Il nord irlandese Darren Clarke che è 30° con +2 286. Due inglesi veramente importanti a pari merito al 22° posto con +1 285, ovvero Justin Rose e Lee Westwood. 12° l’argentino Emiliano Grillo con -1 283 che è uno dei 6 al 12° posto. Tre giocatori al 5° posto con -4 280 ovvero lo spagnolo Sergio Garcia, l’inglese Tyrrell Hatton ed il nord irlandese Rory McIlroy. La classifica sale sempre di un colpo di differenza, ma c’è un distacco consistente per le prime tre posizioni. Infatti al 4° posto c’è l’americano Steve Stricker con -5 279, 3° posto per l’americano J.B. Holmes con -6 278 e qui c’è un distacco incredibile tra 3° posto e 2° posto; ovvero 2° è l’americano Phil Mickelson con -17 267 (63 69 70 65).
Vincitore dell’Open Championship con -20 264 (68 65 68 63) è lo svedese Henrik Stenson.