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IL DIVORATORE DI ANIME – CAPITOLO 66

DiCiadd News.com

Nov 30, 2016

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IL DIVORATORE DI ANIME

Capitolo 66

Gli anni passano, siamo a Roma nel 2003; Riccardo, il principe Croce; così si fa anche chiamare; pochi sanno che lui sia veramente il reale Divoratore di Anime.

Riccardo oramai è pienamente cosciente delle sue capacità ed un po’ alla volta, nel suo cammino spirituale sta scoprendo chi è veramente e che ruolo ha nel mondo, ovvero portare la distruzione del genere umano.

Un giorno, Riccardo era a casa sua; stava leggendo una rivista di cronaca e la sua attenzione si fermò su un caso molto particolare avvenuto a Roma; ovvero un ragazzo di 29 anni si credeva la reincarnazione di Satana, perché lui pensava di sentirsi così crudele da essere il diavolo; difatti era il gran maestro di una setta satanica. Questo articolo di cronaca scatenò l’ira tempestosa di Riccardo, infatti, Riccardo disse dopo aver letto quell’articolo:

Come ha osato costui!! Nessuno può spacciarsi per me impunemente senza incorrere nella giusta punizione! Soprattutto nessuno può decidere con il libero arbitrio di diventare il diavolo!! Lo punirò e punirò chiunque in futuro si spaccerà per il diavolo per davvero e non per scherzo!”

Così, Riccardo con la scusa di uscire per andare a passeggio, cominciò a fare un’inchiesta e chiedere in giro se qualcuno conoscesse un certo Alvaro Raimondi. Facendo alcune ricerche, tramite internet Riccardo riuscì a trovare l’indirizzo di casa.

Una sera, verso mezzanotte; Riccardo vide arrivare Alvaro Raimondi che si dirigeva verso casa. Il posto non era molto frequentato; quasi desolato, era una notte fredda ma secca, la luna era alta e splendente, che sembrava che annunciasse un presagio di distruzione e di tomba, come se facesse da luce per un castigo diabolico, quasi a dare l’illuminazione per la vendetta notturna di Satana per punire chi si fosse spacciato per lui. Riccardo sembrava un vero e proprio lupo a caccia, ed invece Alvaro Raimondi era la vittima ignara di ogni aggressione. Riccardo era ben coperto, ma non solo per il freddo, per non destare sospetti e per non attirare l’attenzione di curiosi ed evitare di essere riconosciuto. Quella notte era così fredda, che nessuno poteva sembrare sospetto essendo molto coperto, come se quella nottata potesse essere una copertura per qualunque rapitore, l’atmosfera era di terrore e criminalità senza limite e quindi un perfetto alibi. Una nottata da brivido, con in giro il vero signore della notte, ovvero Riccardo che con una scusa per chiedere un’informazione riconobbe Alvaro, che aveva visto la sua foto sulla rivista e che poteva riconoscerlo.

Riccardo disse ad Alvaro:

Scusi, per Piazza Cavour?”

Alvaro:

Ma veramente è molto lontano da qui! Comunque a quest’ora non c’è traffico e con venti minuti di macchina ci dovrebbe arrivare!”

Riccardo:

Quindi verso che direzione dovrei andare?”

Alvaro:

Vada verso destra e poi sempre dritto e poi…”

Alvaro fu interrotto dalla mano di Riccardo che gli stava per afferrare il braccio. Alvaro non capì. Riccardo afferrò Alvaro per il collo con il braccio destro e lo sollevò da terra. Alvaro tentò di chiedere aiuto, ma Riccardo gli mise una mano sulla bocca e mettendolo giù gli disse:

Così, tu saresti la reincarnazione di Satana? Eh?”

Alvaro non capì:

Che cosa dici? Che vuoi da me, non ho soldi, lasciami andare o ti faccio arrestare!”

Riccardo disse:

Non voglio i tuoi soldi! Non so che farmene, puoi credermi!”

Alvaro:

Cosa vuoi, allora?”

Riccardo:

Come hai osato spacciarti per me?”

Alvaro non capì:

Io…Non so nemmeno…Chi sei, come faccio a spacciarmi per te?”

Riccardo:

Io sono ciò che è innominabile, ciò che più odia il genere umano, il mostro che voi volete uccidere, ma che infondo vi affascina, perché può fare tutto ciò che non volete e non potete fare voi e che soprattutto non avete il coraggio di fare!”

Alvaro:

Mi stai stancando e continuo a non capire, lasciami o ti prendo a pugni!”

Riccardo disse:

Fammi vedere che sai fare!”

Alvaro e Riccardo si batterono in modo molto violento. Alvaro era un po’ pesante e goffo, ma aveva una forza sbalorditiva. Riccardo cacciò fuori la sua ferocia di cane selvaggio e cominciò a sbranare letteralmente il povero Alvaro che rimase ferito al volto ed alle braccia ed alle ginocchia, cadendo poi per terra come sbranato da un cane lupo. Alvaro rimase ferito per terra e perse i sensi, battendo la testa e svenne per la paura. Riccardo decise di non ucciderlo, era abbastanza messo male che poteva morire dissanguato. Riccardo prese un foglietto di carta dalla propria tasca con una frase scritta e la mise nel portafogli di Alvaro e poi si allontanò come un lupo nell’ombra.

Più tardi, passò un individuo che diede l’allarme e chiamò la polizia ed ambulanza per l’aggressione. Alvaro era in stato confusionario, ricordava poco dell’accaduto. Una cosa molto strana notò la polizia, ovvero che quando chiese i documenti al signor Raimondi, nonostante l’aggressione il portafogli era illeso e c’erano i soldi ed erano ben 550 euro! Quindi Alvaro aveva mentito dicendo di non avere soldi, giustamente per non essere derubato. Alvaro ricordava che il suo aggressore non volesse soldi, ma non capiva cosa volesse. Alvaro notò nel proprio portafogli, mostrando i documenti alla polizia per la denuncia, un foglio che prima non c’era, non poteva aver messo lui. Alvaro consegnò il foglio alla polizia ed il commissario lesse:

Nessuno può decidere di diventare il diavolo di propria volontà! D.10”

Il commissario cominciò ad interpretare l’aggressore come un maniaco sanguinario o come un pazzo scatenato, anche se poi, comunque, il commissario non riuscì a trovare il significato di quella “D.10”. Il commissario ci pensò per giorni e la interpretò come “D.10” di Dracula, diavolo, demonio, drago, distruttore, oppure di demolitore.

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Dir. artistica Emanuela Petroni
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