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IL DIVORATORE DI ANIME – Capitolo 1

DiPietro Sciandra

Lug 11, 2016

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Introduzione: IL DIVORATORE DI ANIME

La più grande opera di El Tigre è ora a disposizione di tutto il mondo. El Tigre cominciò a scrivere questa opera nel 2002. Il romanzo che fu diviso in tre volumi:

  1. Papa Leone XIII
  2. Medusa
  3. Il diario

E successivamente il quarto volume rappresentato dal sacro tridente. El Tigre ringrazia pubblicamente tutti gli artisti che hanno presentato il loro disegno per rappresentare il sacro tridente; in seguito al concorso di disegno.

IL DIVORATORE DI ANIME

Capitolo 1

Roma, la città santa; secondo una leggenda il male prende forma una volta ogni 100 anni. Siamo nel 1888 e si racconta di un uomo crudele sulla quarantina d’anni, costui era anche ricco e possedeva una casa molto grande, si interessava di arte, letteratura, scienza e storia. Era insomma un ricco possidente che prestava tra l’altro i soldi con alti tassi d’interesse. Non aveva ancora preso moglie, anche se tuttavia era un uomo di gradevole aspetto; anche se purtroppo aveva un brutto carattere. Tuttavia questo signorotto di nome Maurizio Belmonte era considerato il fascino del male; perché era sì cattivo, ma piaceva comunque alle donne. Il sig. Belmonte aveva al suo servizio camerieri e cameriere, giardinieri e un cocchiere di cui si fidava moltissimo e gli raccontava qualsiasi cosa, anche delle sue avventure erotiche. Il cocchiere sapeva che in fondo il signore era buono e faceva anche della beneficenza senza far sapere a nessuno, perché se ne vergognava e aveva paura di diventare debole essendo considerato troppo buono, non sarebbe più stato considerato il padrone e avrebbe perso il senso dell’autorità sui suoi subordinati. Un bel giorno, durante uno dei grandi ricevimenti che dava il sig. Belmonte spiccò tra le varie donne ancora da maritare una marchesa di nome Luisa Ducati. Il sig. Belmonte se ne innamorò, d’altra parte la marchesa aveva 35 anni ed era meravigliosa coi suoi capelli biondi, occhi celesti e corpo procace. Lei, la marchesa, rimase incantata da Maurizio ed anche quest’ultimo non fu da meno tant’è vero che il sig. Belmonte intensificò la frequenza dei ricevimenti per vedere più spesso la radiosa marchesa. Malgrado tutto si amassero vollero aspettare per sposarsi, lei aveva paura di cambiare vita troppo radicalmente, essendo abituata a feste e serate spensierate senza la benché minima responsabilità. Un giorno il sig. Belmonte si recò alla dimora della marchesa Ducati. Lui rimase stupito per la bellezza della casa con tutto che era abituato al lusso. La marchesa aveva anche conoscenze molto importanti tra cui conti, baroni e cardinali. Il sig. Belmonte conobbe il barone Ferrari e scoprirono di avere gli stessi interessi per l’arte ed anche oggetti sacri. Una sera capitò che il sig. Belmonte si recò dalla marchesa per una cena privata. La tavola lunghissima con i due innamorati ai due capo-tavola. Tutto sommato, nemmeno la distanza poteva distrarli da guardarsi negli occhi. La serata era davvero incantevole, purtroppo il tempo cambiò e si presentò un terribile temporale. La luna era piena, anche se dopo non si riuscì più a vederla talmente che era coperta dalle nuvole cariche di pioggia. Quella stessa sera arrivò una carrozza tra la pioggia che si intensificava e che cadeva come lance che colpivano i nemici malcapitati e il vento che sibilava da sembrare un uragano. Dalla carrozza scese il barone Ferrari che portava una croce d’oro. Il barone voleva chiedere al sig. Belmonte di consegnare la croce d’oro al vescovo in occasione del suo compleanno, perché siccome il compleanno sarebbe stato il giorno dopo e il barone si trovò costretto ad andare fuori città per un matrimonio di un suo cugino allora voleva che gliela desse lui da parte sua. Il sig. Belmonte era indeciso ad accettare perché la marchesa sarebbe rimasta sola. L’incarico era molto importante, considerando l’onore e la stima del vescovo. Alla fine Belmonte accettò e il giorno dopo con una giornata di brillante sole partì come d’accordo per portare la croce d’oro al vescovo per il suo compleanno da parte del barone. Purtroppo l’intenzione del barone era tutt’altro che di chiedere un servigio, perché era solo un modo per far allontanare Maurizio dalla marchesa Luisa e difatti sapendo che Maurizio sarebbe partito per le 15:00, poco dopo aver visto di nascosto la partenza di Maurizio si avviò nella casa della marchesa. Anche perché il vescovo stava a Castelgandolfo e quindi ci sarebbe voluta una giornata per recarsi e ritornare a casa dalla marchesa. Così il barone si accinse alla casa della marchesa e lei rimase sbalordita vedendolo davanti a sé, perché lo credeva fuori città. Il barone salutò subito con un cordiale baciamano, subito dopo accomodatisi e sorseggiando una tazza di caffè la marchesa disse al barone:

Come mai siete qui oggi?”

Barone:

Mia cara marchesa! Non intendo prendermi gioco di voi, sono qui perché volevo passare questa giornata solo con voi! State tranquilla che prima che torni Maurizio io sarò già andato via!”

Marchesa:

Ecco quali erano le vostre vere intenzioni! Traditore!!” disse la marchesa.

Barone:

State calma! Io voglio farvi felice! Forse potrei rendervi più felice di quanto sia in grado Maurizio!” disse il barone. Dopodiché il barone si avvicinò alla marchesa che stava in piedi e cominciò ad accarezzarla sulle spalle e scendendo sempre più con le mani al punto da arrivare ad alzare la gonna alla marchesa ed a palpeggiarle il sedere. Lì per lì la marchesa voleva e godeva compiaciuta e soddisfatta in un momento di debolezza erotica al punto da dire al barone:

Continua! Bravo! Non fermarti! Come godo!” Il barone la baciava dappertutto e la toccava sulle cosce tra i gemiti della marchesa e i suoi. Dopo questo, tornata la calma la marchesa si rese conto che non voleva e capendo in quel momento di amare follemente Maurizio decise di volerlo sposare, ma il barone non era d’accordo.

Il barone si sentì ancora di più in colpa perché così avrebbe perso per sempre la marchesa; non sapeva più cosa fare. Non avrebbe mai sopportato l’idea di vederla sposata a Maurizio che reputava un bisbetico usuraio insopportabile. La marchesa si pentì fortemente di essere stata con il barone e decise di rivelare il suo tradimento a Maurizio e di volerlo sposare promettendo e giurando di non fare una cosa del genere perché lo amava pazzamente. Il barone allora sentendo queste intenzioni della marchesa decise di ucciderla. All’istante prese una spada appesa al muro e trafisse la povera marchesa che dopo aver ricevuto quel colpo di spada che sembrava un fulmine che apriva un albero in due crollò sul pavimento in una pozzanghera di sangue che sembrava spargersi come olio. Fatto questo il barone scappò. Di lui non si seppe più nulla. Maurizio tornò a casa della marchesa dopo esser stato a Castelgandolfo a consegnare la croce d’oro. Accorgendosi che la porta era aperta si preoccupò e decise di entrare lo stesso. Non era pronto a quello spettacolo raccapricciante che lo aspettava. Non poté far nulla se non piangere lacrime che sembravano di sangue tanto erano sentite e addolorate. Giurò vendetta, con tutto che non sapeva con chi prendersela rinnegò la croce d’oro, causa del suo allontanamento; perché si sentì colpevole di non essere stato presente e di aver lasciato la sua donna incustodita. Non riuscì mai a sopportare quel dolore e senza sapere del tradimento del barone e ahimè anche della marchesa. Il peggio era che non solo il barone approfittò della marchesa ma la uccise pure per non far sapere a Belmonte che erano stati insieme. Così Maurizio Belmonte non sapendo del tradimento rinnegò non solo la croce d’oro come già predetto ma anche Cristo perché capì che per essere stata uccisa e non avendo rubato nulla era accaduto tutto solo per possedere lei così decise di vendicarsi per sempre combattendo contro la croce e la Chiesa e solo l’idea di avere qualcosa di oro addosso lo faceva stare male, lo rendeva debole e vulnerabile perché non gli permetteva più di ragionare e le catene d’oro erano simbolo di prigionia e dolore. Così Maurizio diventò un vero e proprio diavolo. Difatti si recava a messa e quando c’era più gente si avvicinava alla croce e ci sputava sopra. Maurizio si fece chiamare “il divoratore di anime”. Se vedeva qualcuno con una croce al collo gliela strappava e poi finiva con il battersi con chi la possedeva.

Maurizio, oramai “il divoratore di anime” andava in cerca continua di ragazze che volevano diventare suore e faceva di tutto per distrarle. Le più giovani tentava di sedurle in tutti i modi e molto spesso ci riusciva. Dato che era un bell’uomo. Faceva di tutto per distrarre la gente dalla preghiera. Incredibile a dirsi ma Belmonte trovò i suoi seguaci e la sua casa era diventata la dimora del terrore perché tutti i suoi collaboratori si erano licenziati e la casa enorme non era più curata e di conseguenza le ragnatele e i topi, insieme agli scarafaggi e le lucertole erano parti integranti della terribile dimora in cui si era trasformata. Oramai impazzito Maurizio era in cerca delle compagnie più sgradevoli che si possano immaginare, a condizione che lo seguissero ciecamente. Maurizio così scoprì che la sua vera natura era di fare il male. Belmonte si trovò bene con vecchi gobbi, reclutò al suo servizio avanzi di galera e si munì anche di cani tra cui i più pericolosi come dobermann che gli ubbidivano fedelmente. Compagnie oneste non poteva più averne, ma soprattutto non c’era più nessuno che gli volesse bene. Non commettendo reati non poteva nemmeno essere arrestato. La casa di Belmonte era sempre più spettrale e inaccogliente ed era evitata come la casa di Satana. Un giorno un ragazzo di nome Anselmo Renzi che aveva bisogno di un prestito decise di recarsi da Belmonte perché sapeva che prestava soldi senza chiedere garanzie. Anselmo notò subito che la casa era tutto tranne che incantevole e rimase pietrificato a vedere una casa così tenuta male. Anselmo credeva che le storie di terrore si raccontassero per creare emozioni e che fossero solo dei romanzi, gli venne il dubbio dell’immagine che non si riflette, dell’aglio e tutte quelle cose. Quando Anselmo vide che non c’erano bare dentro quella casa si rassicurò e capì che stava galoppando troppo con la fantasia. Soprattutto Anselmo fu contento di vedere che i canini di Belmonte erano normali e così si rese conto che aveva troppa immaginazione e che non doveva credere ai vampiri perché sono solo di fantasia. Però voleva rendersene sempre più conto e levarsi ogni dubbio chiedendo a Belmonte che ne pensasse dell’aglio e scoprì che Belmonte la prese a ridere che non mordeva nessuno e che erano tutte baggianate quelle storie. Purtroppo quando Maurizio si accorse della croce appesa al collo di Anselmo si scagliò su di lui e Anselmo che sapeva combattere gli sferrò un calcio, Maurizio lo parò e lo colpì con un pugno, poi allora Anselmo tentò con un calcio a due fasi e lo colpì, e allora Maurizio lo sollevò per il collo e cominciò a divorargli il viso con il sangue che schizzava come un limone spremuto. Alla fine Maurizio uccise Anselmo tagliandogli la testa con una spada che aveva tolto da una armatura. Un gruppo di ragazzi si avvicinò alla casa incuriosito, purtroppo videro il cadavere di Anselmo monco di testa, molti rigettarono alla vista e scapparono tentando di dimenticare quello che avevano visto e dicendo di non raccontarlo a nessuno. Uno di loro rimase solo lì, un certo Simone che non poté sopportare quello che aveva visto e decise di tornare la sera dopo con le dovute precauzioni e attrezzi necessari come un pugnale, una frusta e una catena. Così fu la sera dopo quando tutto era tranquillo verso l’una di notte Simone De Angelis si recò a quella casa per uccidere Maurizio che lui chiamava il “tagliateste”. Simone non si aspettava di trovare “gente” in piedi a quell’ora e fu costretto a battersi coi gobbi che erano seguaci del “divoratore di anime”, li sconfisse. Con il pugnale e la catena riuscì a liberarsi anche dei cani. Il difficile cammino per arrivare a Maurizio era sempre più difficile anche perché nella casa buia uscirono degli storpi che sembravano più morti che vivi. Non fu molto difficile per Simone sconfiggerli. Il cammino verso Maurizio era sempre più irto di pericoli, soprattutto quando Simone incappò frontalmente coi criminali servi di Maurizio. Questi non erano semplici criminali tra i quali stupratori, ladri, truffatori, rapinatori e bulli da mezza tacca; avevano la caratteristica di essere tutti mascherati in modo particolare. Tra cui uno mascherato da pagliaccio, che quando si trovò ad affrontare Simone lo attaccò lanciandogli carte che erano taglienti come lame di rasoi, Simone rimase ferito ad un braccio, ma con un calcio in pieno volto mise il pagliaccio fuori gioco. Simone si trovò in una stanza in cui c’erano tre armature, la stanza era molto grande e ci si potevano ballare le quadriglie. Simone vide che non c’era nessuno a fermarlo dato che era un intruso e che considerato un nemico dai padroni di casa. Non era pronto a quello che lo aspettava, una di quelle tre armature cominciò a muoversi e lo attaccò con una mazza ferrata che Simone schivò giusto in tempo.

Era una trappola per Simone, perché sembrava tutto tranquillo ed invece lo stavano aspettando. Simone spinse con un calcio l’uomo con l’armatura che provocò un forte rumore da attirare l’attenzione degli altri sgherri nelle altre stanze. I veri guai erano appena cominciati. Arrivarono 3 ragazzi rozzi che si scagliarono contro Simone, ma lui li mise fuori combattimento a suon di pugni. Il cammino nella casa continua ma di Maurizio nemmeno l’ombra. Simone si trovò in una cantina, piena di ragnatele e di topi. Simone non poteva certo aspettarsi che Maurizio tenesse in casa gli animali più stravaganti. Difatti continuando il cammino nel sotterraneo, Simone vide dei serpenti che tenne alla lontana con la catena. Le lucertole non mancavano. Continuando il cammino Simone vide un toro. Non era di buon umore quel toro e Simone scappò come poté e soprattutto dove poté averlo tenuto a bada con la frusta. Simone rimase senza fiato quando si trovò davanti ad un gorilla. Simone provò ad attaccarlo alle spalle con il pugnale dopo averlo tenuto a bada e a non farlo troppo arrabbiare. Alla fine Simone uccise il gorilla piantandogli il pugnale al cuore. Simone si trovò in un giardino, dove c’era un’iguana che passeggiava tranquillamente. Simone sentì dei passi e si nascose. Erano gli sgherri travestiti uno da leopardo, uno da pantera e uno da tigre.

Simone decise di attaccarli alle spalle e il combattimento fu molto duro e massacrante perché quei tre ci sapevano veramente fare. Sconfitti i tipi vestiti da tigre e da pantera, Simone interrogò quello con il costume da leopardo e gli disse:

Parla! Dove sta il padrone di casa? Dimmi dov’è!”

Leopardo:

Non lo so! Forse non è neanche in casa stanotte! Starà in giro! Ti troverà lui prima o poi!” “Perché lo cerchi, che ti ha fatto?”

Simone:

Ha ucciso Anselmo Renzi, era un mio amico e poi non voglio che la passi liscia e che continui il suo assurdo regno del terrore!” “Perché lo ha ucciso, dimmelo o morirai!” disse Simone.

Leopardo:

Io so che ha ucciso Anselmo perché aveva al collo una croce d’oro, non so altro, per questo voleva strappargliela, lui non c’è stato e l’ha ucciso!”

Simone:

Allora un punto debole ce l’ha!” disse Simone. Simone si incamminò di nuovo nel giardino per entrare di nascosto nella stanza più vicina e cercare la croce d’oro del povero Renzi da usare contro Maurizio. Simone si ricordava bene la stanza dell’omicidio che vide dalla finestra, ma non sapeva come arrivarci. Doveva “chiedere cortesemente” informazioni agli ospiti della casa. Simone si trovò davanti a un tizio enorme, alto quasi 2 metri e con l’aria di un essere assetato di sangue. Simone gli passò davanti con indifferenza, ma quell’uomo gli disse:

Dove vai tu?”

Simone:

Sto cercando Maurizio! Dove si trova?”

Tizio enorme:

Perché lo cerchi?”

Simone:

Dimmi dov’è e basta!”

Tizio enorme:

Come osi!! Io ti spezzo in due!”

Simone:

Fammi vedere come fai!”

Quell’uomo attaccò Simone con ambo le braccia per afferrarlo, Simone si abbassò facendo una spaccata e colpì a basso ventre quel tizio che subito dopo crollò a terra dolente. Simone si allontanò senza essere riuscito a farlo parlare.

Continuando il cammino per la casa, Simone rimase sbalordito non credendo ai suoi occhi; non sapeva se sperare che si trattasse di un incubo o di una allucinazione; perché si vide davanti un uomo con due spalle larghe come la poppa di una nave, questo tizio era vestito da tigre bianca.

Tigre Bianca:

Cosa stai cercando e chi sei?” disse con una voce che sembrava un tuono.

Simone:

Per chiedergli un prestito! Visto che presta i soldi senza chiedere garanzie, mi sembra conveniente!”

Tigre Bianca:

Non sarei così ottimista al posto tuo, perché se non restituisci i soldi entro i termini decisi dal sig. Belmonte e con il suo tasso d’interesse che è del 50% veniamo io e “Le Tre Belve” a chiederteli con “gentilezza”!”

Simone:

Così tu saresti il capo di quei tre gattacci pazzi!”

Tigre Bianca:
“Verme! Come osi!” e si gettò come un orso su un pesce addosso a Simone. Simone lo colpì con un calcio al volto che lo intontì, Tigre Bianca lo afferrò e sollevando in aria con ambo le braccia lo scaraventò sul suo ginocchio destro facendogli uno spacca-schiena, Simone rimase per terra dolente rendendosi conto che stavolta aveva di fronte un avversario troppo forte per lui, così prese la catena e il tirapugni e attaccò Tigre Bianca. Il duello fu molto arduo tra Simone e Tigre Bianca, si scambiarono pugni e calci a mezz’aria, Simone stava allo stremo delle forze e vide che anche il suo avversario era in difficoltà, ma all’improvviso si vide in lontananza avvicinarsi un orso che attirò l’attenzione dei due. Allora Simone ne approfittò e colpì Tigre Bianca trafiggendogli il torace con il pugnale e Tigre Bianca cadde a terra in un bagno di sangue. L’orso si avvicinò minaccioso verso Simone, allora Simone rendendosi conto che aveva appena finito di combattere ed essendo sfinito decise di tenere a bada l’orso con la frusta e di scappare arrancando con la fatica che lo debilitava. Quella notte sembrava non finire mai per il povero Simone, stava quasi per diventare l’alba ma di Maurizio non c’era traccia, Simone era stanchissimo e si reggeva a mala pena in piedi. Però; malgrado tutto decise che doveva finire tutto quella notte e che non poteva ritornare, perché altrimenti i seguaci di Maurizio lo avrebbero seguito fino a casa e lo avrebbero ucciso. Quindi raccogliendo le ultime forze e riuscendo ad arrivare alla cucina Simone mangiò qualcosa per riprendersi un po’ d’energie e riposandosi senza far rumore con la massima cautela.

Purtroppo Simone prese sonno e poi fu svegliato dal cuoco che doveva preparare la colazione per Maurizio. Il cuoco minacciò Simone con il coltello da cucina e allora Simone sfoderò il pugnale e combattendo misero sottosopra la cucina, Simone rimase ferito e perdeva sangue ad un braccio, ma alla fine dopo un calcio al volto dato al cuoco, Simone lo finì strozzandolo con la catena perché il pugnale gli cadde di mano durante il combattimento. Oramai giorno, Simone doveva riprendere le ricerche; doveva trovare la croce d’oro di Anselmo Renzi che gli serviva per neutralizzare Maurizio. Rovistando un po’ dappertutto alla fine Simone finì nella stanza dove fu ucciso Anselmo da Maurizio e vide una scrivania e si mise a frugare e trovò la croce d’oro che era del povero Anselmo e se la mise in tasca. Simone continuò a girare per la casa ma nessuna traccia di Maurizio. Simone girando si trovò in una stanza enorme e vasta come una stazione. Da una porta entrò un tizio vestito tutto di nero con una maschera da pipistrello sul volto. Simone rimase stupito e senza parole.

Pipistrello:

Chi sei e che ci fai qui?”

Simone:

Il mio nome è Simone De Angelis e sto cercando Maurizio!”

Pipistrello:

Chi ti ha fatto entrare?”

Simone:

Che importanza ha?”

Pipistrello:

Sei un intrusoo!!”

Simone:
“Fammi vedere che sai fare!”

Pipistrello aprì le braccia come un’aquila e saltò addosso a Simone coprendolo con il suo mantello afferrandolo e mordendolo sul viso, sul torace e sul collo. Simone rimase gravemente ferito e sconvolto senza sapere più che fare. Simone riuscì a prendere il pugnale e tagliò la gola a quell’essere spregevole e orribile. Il tempo di riprendere fiato e di rilassarsi pochi minuti e di recuperare le energie, Simone rimasto solo in quella stanza fu incuriosito da uno strano quadro delle dimensioni di una porta. Simone ammirando quel quadro che raffigurava il vescovo a tutto piano, ovvero dalla testa ai piedi; il vescovo era raffigurato con il suo vestito viola, i suoi capelli bianchi e occhi neri, un anello d’oro all’anulare destro con lo sfondo del quadro nero. Da non dimenticare la croce d’oro che teneva appesa al collo che gli aveva regalato Maurizio Belmonte da parte del barone Ferrari. Simone fu incuriosito e fece una grossa riflessione. Difatti Simone sapeva che Maurizio odiasse l’oro e lo temeva al punto da diventare debole e da perdere la ragione; ma allora perché voleva avere questo quadro che non solo gli ricordava l’odio per l’oro, ma addirittura l’odio per la chiesa. Simone capì che c’era sotto qualcosa, perché tenere un quadro che ti ricorda ciò che odi delle dimensioni di una porta? Forse perché è un punto della casa che puoi ricordare facilmente? Così, incredibile a dirsi, Simone levò dal muro il quadro raffigurante il vescovo che era proprio a forma di porta, e non ci crederete ma dietro al quadro c’era una porta nascosta. Così Simone aprì la porta con grande timore devo dire, e per far spaventare Simone ce ne vuole! Così Simone cominciò a scendere le scale che si trovava davanti. C’era poco ossigeno, il sotterraneo era illuminato da torce appese su ambo i lati del sotterraneo. A Simone si gelò il sangue, perché capì che il motivo per cui non trovava Maurizio era perché stava sottoterra. Simone vide Maurizio e il suo cocchiere che erano in compagnia di due donne in atteggiamento equivoco. Maurizio stava toccando il sedere alla sua donna e il suo cocchiere stava baciando tra le gambe della sua compagna di giochi che stava sdraiata su una poltrona. Simone allora gridò:

Fermi, lussuriosi demoni!!”

Maurizio e il suo cocchiere gridarono:

Chi sei e chi ti ha fatto entrare?”

Simone:

Il mio nome è Simone De Angelis e sono qui per vendicare la morte del mio caro amico Anselmo Renzi, sono entrato da solo e sono qui per ucciderti!!”

Maurizio e il suo cocchiere gridarono:

Sei un intruso!!”

Le due donne si fecero da parte, poi Maurizio disse al suo cocchiere:

Vai, attaccalo, dopo se la vedrà solo con me!!”

E così fu; il cocchiere andò addosso a Simone afferrandolo per un braccio e lo colpì al volto con un pugno. Nel frattempo Maurizio scappò mestamente in una specie di cantina a 20 metri da lì. Simone rimase intontito dal pugno ricevuto e allora prese la catena per attaccare il cocchiere che con uno scatto si diresse a prendere un’ascia usata per tagliare la legna. Simone tentò di colpire il cocchiere con la catena, ma purtroppo gli rimase avvolta sull’ascia che aveva in mano il cocchiere. Il cocchiere tentò di colpire Simone, ma lui schivò i suoi tentativi, Simone si rese conto che non poteva sempre schivare, anche perché era molto debole e gravemente ferito. Così impugnò la frusta e la schioccò contro il cocchiere che rimase ferito e subito dopo averlo colpito più volte con la frusta gli si scagliò addosso e lo uccise con il pugnale. Il tempo di rendersi conto dell’accaduto e di essere vincitore e appena per riprendere fiato e riessere lucido con la mente, che ecco apparire con grande stupore Maurizio con un falco incappucciato sul suo braccio destro pronto ad attaccare. Simone non riuscì a proferir parola sia per lo stupore che per il terrore. Maurizio disse:

Ora te la devi vedere con me! Prima ancora se sarai veramente degno di affrontarmi dovrai sconfiggere il mio falco Ombra, si chiama così perché vive sempre al buio e incappucciato e se io gli levo il cappuccio ti seguirà come se fosse la tua ombra per divorarti il cuore e credimi non gli è mai sfuggito nessuno!”

Detto questo levò il cappuccio al falco che attaccò subito Simone. Simone tentò di scappare ma era inutile perché il falco gli stava sempre sopra. Simone fu colpito varie volte con le beccate del falco e cominciava a perdere sangue. Simone provò ad attaccare il falco con la frusta ma era inutile perché gliela schivava. Simone prese la catena che era avvolta all’ascia ma era troppo corta per colpire il falco. Allora distraendo il falco lanciandogli contro la catena, Simone prese l’ascia che aveva usato il cocchiere e la lanciò con grande forza contro il falco tagliandolo in due come una roccia spaccata da un fulmine. Maurizio pianse per il dolore per l’atroce morte del suo falco. Maurizio disse:

E va bene il nostro duello mortale abbia inizio!” Si lanciò contro Simone colpendolo con un calcio allo stomaco. Simone non riuscì a muoversi. Simone era molto debole e ferito ma non poteva arrendersi proprio adesso che era così vicino al suo scopo di salvare il mondo da questo usuraio pazzo e maniaco con le sue fissazioni di potere e di dominio su esseri degni di essere suoi compagni di distruzione del mondo. Così allo stremo delle forze dopo aver incassato pugni, calci; Maurizio lo sollevò per il collo con un solo braccio e gli disse:

Ora ti divorerò il viso e poi ti ucciderò tagliandoti la testa con quell’ascia!”

Simone disse:

Ho qui una cosa per te!” Gli mise intorno al collo la croce d’oro. Maurizio:

Noo!! Mi sento male! Maledizione! Maledetto!”

Maurizio cominciò a tremare come se si trovasse nell’acqua di un lago ghiacciato. Perse il controllo mandando per aria tutto ciò che gli capitava davanti. Così Simone prese il pugnale e lo lanciò alla schiena di Maurizio. Maurizio cadde in avanti ma non morì subito e disse con le sue residue forze vitali:

Simone vieni qui! Sei stato davvero bravo! Sei un degno eroe! Il tuo amico è stato vendicato! Vorrei tanto sapere una cosa prima di morire! Chi ha ucciso la mia amata Luisa?”

Simone:

Non lo so! Forse qualcuno che aveva i tuoi stessi interessi, e ti invidiava; così per riscattarsi avrà voluto rubarti la donna che amavi e poi l’ha uccisa non so per qual motivo!”

Maurizio:

Adesso che ci penso! Il barone Ferrari aveva gli stessi interessi per l’arte, la letteratura, la scienza e la storia proprio come me!”

Simone:

Probabilmente aveva anche gli stessi gusti in fatto di donne e ti ha portato via la marchesa!”

Maurizio:
“Non riesco a credere che un barone mi abbia fatto questo!”

Simone:

Sicuramente sei stato tradito sia da lui che da lei!”

Maurizio:

Adesso che ci penso; il barone mi diede una croce d’oro, causa della mia maledizione; da consegnare al vescovo da parte sua e combinazione il giorno dopo che lo credevo fuori città trovai la marchesa morta! E’ stato lui! Tutto questo per allontanarmi da lei ed avere l’alibi! Che traditore!” “Io maledico tutte le storie d’amore, perché danno solo dolori e ti mangiano l’anima! L’amore ti trasforma la vita e ti fa realizzare cose che non avresti mai fatto prima! Anche se sto per morire prima o poi capiterà nel mondo chi mi vendicherà prendendosi tutte le donne degli altri; per riscattarmi del tradimento che ho subito dal barone e del dolore che mi ha sconvolto la vita rendendomi un mostro odiato e temuto! Ora posso riposare in pace avendo scoperto la verità! Finiscimi e sono pronto a raggiungere l’unica donna che ho amato in vita mia!”

Detto questo da Maurizio; Simone prese l’ascia e tagliò la testa a Maurizio in un silenzio e una desolazione da cimitero.

Così Anselmo era vendicato con la stessa morte del suo assassino e poteva riposare in pace; ed anche Maurizio fu liberato dalla maledizione che lo affliggeva avendo scoperto chi aveva ucciso la sua amata. A questo punto è difficile considerare Simone un nemico di Maurizio, visto che è riuscito ad aiutarlo e l’ha liberato dal suo tormento; perché certe volte vivere nel continuo dolore si desidera la morte. Maurizio ragionando con il suo peggior nemico è riuscito a scoprire chi aveva ucciso la sua amata, questo potrebbe insegnare che si impara più dal peggior nemico che dal miglior amico; perché il tuo migliore amico è talmente simile a te che non gli noti quasi nulla. Invece il tuo peggior nemico che è completamente il tuo opposto potrebbe insegnarti molte cose; perché ti crea attrito e ti spinge a confrontarti con lui. Così per essere meglio di lui tiri fuori capacità stimolate dalla competizione che ti provocano la grinta di un leone pronto a divorare la sua preda quando meno se lo aspetta. Così bisogna rendersi conto che sia nel male che nel bene c’è un grosso elemento in comune; ovvero il sacrificio. Mi spiego meglio, il sacrificio del male è dato da un essere umano che ha sofferto tanto e per questo deve continuare a soffrire facendo soffrire gli altri esternando le proprie pene. Così si trasforma in Satana per non tenere più dentro il proprio dolore e distruggere tutto, odiando il mondo che gli ha dato la vita. Il rappresentante del bene, invece è dato da chi ama e sa apprezzare la propria vita e quella degli altri. Così lui deve sacrificarsi per amore del genere umano e per salvare tutti. Difatti, filosoficamente parlando dal punto di vista religioso; l’amore di Dio è l’amore stesso. Ovvero, si considera che è facile amare chi conosci e sai che ti puoi fidare senza che ti faccia del male anche se prima o poi qualcuno ti farà un torto. Perché bisogna perdonare; prima o poi sarai tu a doverti scusare e sarete pari perché tu perdoni lui e lui te. L’amore di Dio; dunque è amare chi non conosci; perché se ami chi non conosci ami Dio e quindi il genere umano. Bisogna avere il coraggio; certe volte ad affrontare un incontro che potrebbe non essere piacevole; se invece lo è? Per amare Dio non sempre bisogna fare il suo nome; aiutare gli altri in difficoltà e sconfiggere il male è amare Dio. Dio non deve essere solo considerato il Padre di tutti noi; ma deve anche essere considerato il simbolo che dobbiamo amare tutti indipendentemente dalla fede in cui crediamo; ovvero l’uomo. Se ami l’uomo che è diverso da te indipendentemente dal colore della pelle, dalla lingua e dalla religione ami Dio anche se chi ami non crede nella tua fede. Certo bisogna considerare anche gli atei; con tutto che sia riconosciuto religiosamente che non credere in un essere divino sia il peccato peggiore. Difatti credere in Cristo è l’unica salvezza per salvarsi l’anima e poi da ricordare l’altro peccato grave che va accostato a chi è ateo; ovvero l’ignavo. L’ignavo riconosciuto dalla Divina Commedia di Dante Alighieri come l’uomo che non fa né il bene e né il male. Tant’è vero che non può andare né in inferno che in paradiso; tuttavia deve andare in purgatorio e purificarsi e poi; non volendolo Dio; deve andare all’inferno. Difatti la Chiesa riconosce come i peggiori peccati gli atei e gli ignavi. L’importante, quindi è di fare il bene e il male; la cosa peggiore è la paura di fare male per tentare di fare bene. Se hai paura di questo hai paura di vivere. Se non ti accorgi che hai paura di vivere sei dannato per sempre; perché hai sempre vissuto nel timore e nascosto come un topo nella sua tana per non aver avuto il coraggio di affrontare il gatto. Quindi bisogna sempre vivere e se ti vuoi davvero divertire non devi avere la testa, l’importante è non recare danni agli altri. Questo era il punto di vista religioso; invece il punto di vista sociale dell’economia politica è l’esternalità. Ci sono due tipi di esternalità; l’esternalità positiva e quella negativa. Quella positiva è data dall’individuo socialmente utile che aiuta con offerte devolute ai poveri, lavorando onestamente e prestando soldi alle banche che di loro volta finanziano le imprese per il soddisfacimento dell’interesse sociale con i servizi. Viceversa, quella negativa di esternalità è quella dei criminali che irrompono nel sistema sociale ed economico sottraendo agli altri i beni; che siano ladri, truffatori, rapinatori, stupratori e assassini. Invece il punto di vista psichiatrico è ancora più diverso. Difatti la psichiatria, prima di essere la cura terapeutica per i malati di mente è nata come protezione sociale. Difatti la psichiatria è l’autorità per giudicare i casi di mostruosità. Bisogna scindere i casi sociali che si separano dai rei e dai pazzi. La psichiatria non deve essere considerata uno strumento per non incarcerare le persone; ma una possibilità di recupero mentale; perché è sì vero che si è padroni delle proprie azioni; ma la mente è la cosa più precaria al mondo e può crollare in qualsiasi momento dovuti ad eventi sconvolgenti. I mostri sono esseri che hanno subito mutazioni psichiche e fisiche dovute ad eventi di forza maggiore che hanno mutato la mente con uno sconvolgimento e il fisico ha subito un cambiamento. Il mostro deve essere allontanato e capito perché troppo diverso dagli altri; e potrebbe distruggere tutto ciò che ha davanti e chiunque gli capiti davanti; perché è odiato e visto come una minaccia e un pericolo sociale trovandosi in un mondo che non è più il suo per via della mutazione. L’altra soluzione l’abbiamo vista per mano di Simone De Angelis; ovvero distruggere il mostro. Secondo delle teorie i mostri sono esseri superiori e per questo sono pericolosi in per sé, perché avendo dei poteri superiori alla media della società potrebbero rivoltarsi contro e prendere il sopravvento portando la fine del mondo. Non si possono correre questi rischi terribili e di distruzione totale. Per questo esiste la psichiatria per proteggere la società e riportare i mostri alla normalità, ovvero far tornare il soggetto alle capacità medie delle persone. I poteri psichici che si potrebbero ricevere causando una mutazione sono tra gli altri causati dalla forte paura. Difatti la forte paura può sconvolgere in modo totale una persona. La paura diventa fonte di maledizione e la cosa peggiore della maledizione è che si ripete all’infinito. Se si subisce una forte paura; ogni qual volta ti si ripresenta la fonte della paura ti sconvolge momenti che per quanto brevi ti si possano presentare ti sembreranno ore e non pochi secondi.

Così, quindi; o superi la paura con coraggio, che è bene; o purtroppo diventi la paura che è male. Se superi la paura non avrai più problemi quando ti si ripresenterà. Se invece diventi la paura, e quindi non l’hai rinnegata; e non l’hai sconfitta rappresentando la paura il male; non hai distrutto la paura che ti dà il tormento, ma ti ci sei alleato diventando la paura. Quindi diventando noi stessi la paura significa che non l’abbiamo mai superata, perché ancora la pensiamo sempre e questo è fonte di eterna dannazione dell’anima. Perché per sconfiggere veramente la propria paura bisogna superarla e non pensarci più. La paura potrebbe diventare uno spirito maligno che prenda possesso dell’anima di una persona. Quindi una vera e propria forza diabolica che ti spinge a fare cose che non avresti mai fatto prima non avendo questo male mentale. La vera cura per sconfiggere la paura è solo una: la forza dell’amore.

Una donna che ti ama è l’unico modo per cancellarti il male che ti tormenta. Quindi, non solo un appoggio morale, ma anche qualcuno che ti dica le tue qualità che ti convincano che vali veramente molto e che sei in grado di sconfiggere qualsiasi cosa. Se ami e sei amato non ti fa paura niente, quindi rientriamo in campo religioso che ci insegna che con l’amore di Dio si può sconfiggere tutto e con la fede in Cristo non si può temere nessun male. Bisogna avere il coraggio di fronteggiare il male una volta per tutte e chiudere i conti. Proprio come ha fatto il nostro eroe Simone.

Ora, miei cari lettori riprenderà il racconto di questa storia che non si è veramente conclusa; anzi una nuova storia piena di avventure, di situazioni particolari, di amori e di dolori sta per…prendere forma…

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Dir. artistica Emanuela Petroni
Salve, posso esserti utile ?