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Alice Clarini, finalista del Premio Fabrizio De André, una delle cantautrici italiane più talentuose e raffinate, torna sulle scene con un nuovo progetto nel quale le sonorità cantautorali abbracciano inediti scenari elettronici. “Come se fosse la fine del mondo” è un disco che urla e sussurra, che scuote ed accarezza.
Un album che racconta la necessità di abbandonare il controllo per esorcizzare la propria paura di vivere.
La luna che casca, si frantuma e finisce per illuminare il palmo di una mano, un naufragio nel quale l’acqua non è sciagura ma benedizione, un mondo vuoto da fare a pezzi e ricostruire come un puzzle di vite, un labirinto di specchi rotti da ricomporre ed attraversare ad occhi chiusi. Una fine del mondo improvvisa e al tempo stesso attesa, che diventa un’occasione per lasciare al passato il fantasma di se stessi ed indossare un nuovo abito sgargiante per festeggiare un’esistenza libera da ogni desiderio di controllo.
“Come se fosse la fine del mondo”, il nuovo album di Alice Clarini prodotto da Martina Bertini e pubblicato da , è il diario intimo di un percorso di distruzione e rinascita, un disco di chiaroscuri nel quale le direzioni ed i colori si mischiano in un vortice di immagini quasi distopiche. Il disco racconta la necessità di affidarsi alla corrente, di diventare onda nel naufragio per esorcizzare le proprie paure interiori ed urlare la propria urgenza di vita ad un mondo fermo e vuoto che sembra ignorare gli echi di un passato doloroso. Il disco verrà presentato dal vivo al Riverside di Roma mercoledì 20 novembre con una band tutta al femminile composta da Annalisa Baldi alla chitarra, Aurora “Truci” Di Rocco alla batteria e Sara Maragna alle tastiere.
Tutte le canzoni che compongono “Come se fosse la fine del mondo” sono a loro volta piccoli mondi che esplodono e rinascono dalla proprie ceneri, arabe fenici musicali nelle quali il tessuto cantautorale viene lacerato e contemporaneamente suturato da un’elettronica minimale che diventa sottofondo inquieto e rasserenante, in grado di annullare ogni distanza con un abbraccio.
Le immagini dure e senza compromessi dei testi vengono compensante da melodie leggere, in alcuni casi spensierate, che trasformano i vuoti in spazi da riempire, le sciagure in stazioni dalle quali ripartire. “Mi sto divertendo ad esplorare territori lontani da quelli da cui sono partita. In questo album è presente, per la prima volta, un brano che non è nato imbracciando una chitarra, ma scritto al computer”.
E “Come se fosse la fine del mondo” unisce proprio queste due anime di Alice Clarini, quella intimamente cantautorale e quella più sperimentale. Una sintesi che diventa il primo tassello di un nuovo puzzle da comporre, di un nuovo mondo da ricostruire dopo la fine del precedente.
LE CANZONI
Tutte le strade che ho perso: Il fischio di un treno, la partenza da una stazione sconosciuta. Un giro di basso che si confonde con lo stridio delle rotaia. E l’annuncio di un disco nel quale “colori e direzioni si mischiano”. Un sogno puro, bianco, diventa la spinta per un salto nella luce che rappresenta la fine del mondo così come lo abbiamo conosciuto.
Coprifuoco: Un’immagine che sembra rievocare un triste passato collettivo, ma che ci riconduce ad una perdita personale ben più lontana nel tempo. Una canzone sospesa, nella quale la cupezza delle parole si contrappone ad una melodia leggera. La ricerca di uno schianto che diventa necessità di fare i conti con il proprio coprifuoco interiore.
Distanze: Un brano composto da specchi e da voci sdoppiate, da contrasti e domande che non necessitano di una risposta, ma di uno sguardo. Una canzone che “cerca, stride, esplode” e che ricompone l’immagine separata da un vetro spezzato. “Quanto poco può durare l’anima?”.
Casca la luna: Un pop raffinato nel quale le chitarre, quasi caraibiche, raccontano l’esigenza di pensarsi non più come satelliti ma come mondi. E la luna che casca coincide con l’urgenza di giocare a carte scoperte e ribaltare la natura della propria esistenza.
Prendimi: Il brano più sperimentale dell’album, nel quale l’elettronica diventa la tela di un mondo in continua distruzione e ricomposizione. “Questa canzone racconta di quei traumi dai quali cerco di liberarmi con difficoltà. Rappresenta un monito ad accettare di vivere come se fosse sempre la fine del mondo, senza trattenersi, senza porsi limite. Perché la fine del mondo è dentro noi stessi e solo riconoscendola possiamo trasformarla in rinascita”.
Qui non c’è il mare: Un brano dalla forte impronta cantautorale che racconta la difficoltà di riuscire a determinare il proprio destino, ma che al tempo stesso diventa uno sprone per rinunciare a tutta la propria ansia da controllo. Un perenne bilico da attraversare danzando su onde inesistenti.
Ufficio Stampa PNS Communication
Giuseppe Cucinotta
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