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Hypnos… e l’apocalisse dietro l’angolo (in un quadro)
Hypnos parla alla logge riunite della sua opera Michael’s Gâté ispirata a Cagliostro
All’approssimarsi del primo millennio “già voci correvano tra la gente
di nascite mostruose, di grandi battaglie combattute nel cielo da
guerrieri ignoti a cavalcioni di draghi (…) Che doveva importare della
patria e della società umana ai morituri, aspettanti d’ora in ora la
presenza di Cristo giudicatore? (…) Battezzarsi e prepararsi alla
morte, era tutta la vita. Alcuni, a dir vero, moveansi: cercavano
peregrini la valle di Josafat, per ivi aspettare più da presso il
primo squillo della tromba suprema”. Così Carducci immaginava il
capodanno dell’anno mille, riprendendo una diffusa opinione dei suoi
contemporanei che voleva l’Europa medievale traversata da turbe di
penitenti salmodianti e atterrita dall’imminenza della fine del mondo.
Dopo quella data, la paura della fine del mondo non abbandonò le genti
cristiane, riaffiorando ciclicamente in occasione di gravi crisi,
l’invasione dei Mongoli nel XIII secolo la carestia del 1315-1318 e la
peste nera del 1347-1351. Ancora in epoca moderna, la tensione
escatologica, alimentata da motivi sociali e religiosi, sarà
all’origine di movimenti apocalittici che scuoteranno alle fondamenta
le strutture politiche e religiose occidentali, dai contadini di
Thomas Muntzera gli anabattisti di Giovanni di Leida fino ai
giurisdavidici di David Lazzaretti, il profeta dell’Amiata. Nelle
crisi che si succederanno nella storia dell’Occidente i “fanatici
dell’Apocalisse” leggeranno i “signa” e “portenta” dell’imminente fine
del mondo, preceduta da una “generica era nuova”, l’età dello Spirito
secondo la dottrina del monaco calabrese Gioacchino da Fiore
(1130-1202) essendo “già suonata” l’ora di Gesù.
Nonostante le censure ecclesiastiche nei confronti del millenarismo,
la progressiva presa di distanze della teologia ufficiale dal
“pensiero prospettico” dell’Apocalisse, e il suo depotenziamento
simbolico operato con la lettura spiritualistica di Agostino, il libro
profetico mantenne intatta la sua carica eversiva nei confronti del
secolo, rinnovando ad ogni generazione “l’afflato utopico” di
liberazione dai vincoli terrestri, garantendo agli scontenti e ai
delusi un risarcimento morale per il male patito. Promessa di
giustizia, di rinnovamento e di felicità che si mantenne
sull’orizzonte dell’Occidente cristianizzato fino alle soglie del XX
secolo, quando il progresso scientifico e tecnologico e l’affermazione
di nuove idee di liberazione, laiche, spazzarono via le antiche
cosmogonie.
La tensione escatologica si sarebbe così assopita al fondo della
coscienza dell’uomo civilizzato, esorcizzata dai successi della
scienza e dall’indubbio miglioramento delle condizioni materiali,
salvo riaffacciarsi come pulsione “irrazionale”, quando il sistema di
rassicurazioni e di certezze su cui poggia la sicurezza dei
contemporanei ha iniziato a mostrare preoccupanti segni di cedimento.
Antichi timori sono così tornati ad affacciarsisull’orizzonte della
società occidentale cristianizzata: al pari di certe superstizioni,
date corrivamente per morte, ma oggi più che mai vive, le vetuste
profezie attribuite a Giovanni conoscono una nuova fortuna in
coincidenza delle profonde crisi che hanno interessato il primo
ventennio del nuovo millennio.
Hypnos provocatoriamente con la sua Porta sull’oltremondo vuole
richiamare l’attenzione alle potenzialità presenti nonost,ante tutto
in questi tempi calamitosi, quando “il mondo sembra attendere
l’irreparabile” e le persone sono chiuse nella strenua difesa del
proprio benessere. L’apertura di hypnos porta l’uomo a varcare la
paura della fine, a superare la crisi della presenza nella storia che
si manifesta non più in una coerente cornice mitica in grado di
riscattare culturalmente il dramma esistenziale, ma dando luogo a una
miriade di apocalissi individuali, caratterizzate da patologie in cui
dominano “i deliri intimi, microcosmici, le sindromi sensitive, i
contenuti persecutori, di colpa, le attribuzioni di significato
riferite alla propria persona” ovvero da quel disagio improvviso che
la moderna psichiatria definisce attacco di panico: “quando tutto
sembra venir meno all’improvviso, crolla la certezza della salute; il
vissuto è descritto come fine del mondo, del proprio mondo interno; il
corpo tremante si raccoglie, si restringe in posizione fetale e si
accovaccia sul pavimento cercando in questo geotropismo di attaccarsi
strettamente alla terra per attenuare il terrore”.
Nel XXI secolo, dunque, l’opera dell’artista Hypnos vuole testimoniare
come non si può escludere la reviviscenza di antiche paure
escatologiche alimentate dalla potenza suggestiva delle profezie
escatologiche più o meno autorizzate, amplificate dalle contraddizioni
reali della società globalizzata.Ma nello stesso tempo la sua
provocazione intende spingere la nostra immaginazione in avanti, n un
contesto radicalmente mutato rispetto all’anno mille, dove i timori
apocalittici tornati ad allignare nella nostra società
“desacralizzata” ,vengono mutati di segno e trasformati in un nuovo
sogno di rigenerazione.
Come dimostrano i casi emblematici degli Stati Uniti, del Canada,
della Svizzera e della Francia, ma anche del Giappone,
l’industrializzazione, lo sviluppo tecnologico, il consumismo, non
portano a “un’integrale secolarizzazione della cultura”, ma al
contrario provocano forme più o meno marcate di rigetto e di fuga
nella spiritualità ; sotto questo aspetto , i culti esotici, medianici
e spiritisti, e i singolari ibridi come la NewAge, rappresenterebbero,
parafrasandoGomes Consorte-Nogueira Negrao “agenti di sacralizzazione
della razionalità inerente alla vita urbano-industriale”.
L’opera di Hypnos si pone al limite come un’offerta di sacro “non
conformista” in costante aumento , che si pone come alternativa al
vuoto esistenziale ,alle dilacerazioni dell’io e alla crisi delle fedi
tradizionali, compresa quella nel progresso e nella scienza. Essa
tuttavia non richiede l’adesione a credenze misticheggianti e
afantasiose dottrine esoteriche, come il culto “sincretista”
ufologico, che mescola l’avventismo cristiano all’immaginario
televisivo e cinematografico, non presuppone l’appartenenza a gruppi
emarginati dal processo di industrializzazione, come nel caso degli
ottocenteschi movimenti salvifici del Sertao brasiliano e di David
Lazzaretti.
L’opera di Hypnos al contrario si fonda sull’apparente contraddizione
tra la massima integrazione economica, sociale e culturale de
apocalittici involontari e il loro disagio senza prospettiva che
talvolta si può tradurre in un radicale progetto di destorificazione
per continuare “a vivere”.
Paolo Portone
Storico delle religioni